Un giovane Papa a Venezia: cosi cadono per sempre gli steccati tra cinema e Tv

young_popeSono sempre più lontani i tempi felici dei vari Syd Field che amavano affermare che “La TV non è altro che radio con supplemento di immagini” o come amava chiosare poeticamente Dino Risi “La TV vive di Cinema ed il Cinema muore di TV”. Ormai, sembra sempre più chiaro, non esistono più confini tra i media ed anzi, le strutture narrative, ovvero le uniche differenze che sembrava riuscissero ancora a far rispettare i compartimenti stagni delle due principali fonti di approvvigionamento di svago sembrano ormai defunte, immolate all’altare della transmedialità e delle nuove rotte della convergenza dei media (e degli OTT) sui contenuti.

Il fatto che i grandi Festival come quello di Venezia che si appena concluso accolgano senza remore nella loro selezione il meglio della serialità televisiva dimostra che il confine non è più tra prodotti pensati per la sala o per la tv ma, piuttosto tra i prodotti di qualità artistica e non.

Sul mercato cinematografico e audiovisivo si sono affacciati nuovi big players in grado di rivoluzionare i tradizionali modelli di business e di rendere più dinamico un settore in Italia che nei prossimi anni dovrebbe rafforzarsi e aprirsi maggiormente ai mercati internazionali, anche grazie alla nuova legge varata dal Ministro Franceschini.

Si pensi ad Amazon il cui servizio on demand sta per sbarcare anche nel nostro Paese forte dei suoi algoritmi di profilazione dati ponendosi in concorrenza con Netflix e gli altri servizi OTT offerti dai nostri broadcaster (Sky Now, Infinity) e telco (Timvision).

Soggetti che si cimentano nella produzione di opere presentate ai grandi festival internazionali e destinate a bypassare la filiera per come la conosciamo noi (“Beast of no nation” di Cary Fukunaga, presentato alla 72° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e distribuito online, senza passare dalla sala se non per brevi periodi).

Ma se il vecchio stenta ad adeguarsi al nuovo non ci resta che ripetere la famosa massima e guardare al futuro: morto un Papa, se ne fa un altro! Magari uno giovane, uno che non ha paura di copiare i meccanismi che funzionano così bene oltreoceano (ma non sempre).

Un Papa che predica con le immagini e non si produce in interminabili “spiegoni” televisivi; un Papa che spoglierebbe Don Matteo della tonaca e lo manderebbe ad imparare un po’ di grande Cinema.

Eh sì, perché la sfida del premio Oscar Paolo Sorrentino e della casa di produzione Wildside non è contenutistica ma strutturale ed è orientata ad abbattere definitivamente gli steccati tra cinema e tv e a guardare oltre l’angusto mercato domestico grazie ad un’operazione che vede il sostegno finanziario di tre big della distribuzione televisiva come HBO, Sky e Canal +.

Il pubblico internazionale premierà un prodotto per piccolo schermo che ha bisogno della massima concentrazione per essere fruito adeguatamente ? Le massaie di tutta Italia, così come gli uomini affaccendati nelle mansioni di casa, riusciranno a stirare, lavare, preparare i loro figli e non perdersi comunque il filo del discorso mentre la TV trasmette “The Young Pope”? Dieci anni fa, probabilmente, la risposta sarebbe stata lapalissiana se non pleonastica: no! Il pubblico selettivo, quello attento, compra il biglietto e va al cinema; il pubblico televisivo, quello in mille faccende affaccendato, ha bisogno di essere aggredito dalle parole, non ha bisogno di alcun lirismo ma necessità di qualcuno che, ad intervalli regolari, gli ricapitoli la storia e addirittura i nomi dei personaggi.

Dieci anni fa le cose andavano così, ma oggi tutto è cambiato ed è stato proprio il nuovo assetto del mercato e delle tecnologie a sua disposizione a far riverberare le nuove necessità dei fruitori proprio sui contenuti artistici. Un mercato sempre più concentrato e integrato, come dimostra la nascita di un nuovo soggetto distributivo cinematografico che vede presenti sotto lo stesso tetto, Sky e le cinque principali case di produzione e che richiede un riflessione attenta sul concetto di “indipendenza” dei produttori in un contesto in cui i soggetti forti non sono più i broadcaster ma gli OTT.

Anche il pubblico domestico sta diventando sempre un pubblico selettivo, e se diserta le sale è perché, proprio come disse Bertolucci in un appuntamento lagunare addirittura precedente a quelli già citati, in occasione della sua presidenza della giuria di “Venezia70” e ribadito al Roma Fiction Fest in un dialogo appassionato condotto con Carlo Freccero, “a volte il miglior cinema lo rivedo nelle serie televisive americane”. Ma allora come regolarsi? Cosa dire alle miriadi di sceneggiatori ai quali è stato insegnato per anni a non essere troppo “televisivi”? Dire semplicemente “è morto il Re, viva il Re”?

Forse sarebbe semplicistico ed utopistico pensare che in maniera sotterranea, già da anni, questa unione stilistica non stesse prendendo forma e serpeggiando verso la luce. Forse, alla luce dei vari “Romanzo Criminale”, “Gomorra” e molti altri esempi non solo nostrani, potremmo dire che non siamo così sicuri che l’industria abbia influenzato l’arte e non viceversa.

In conclusione, questo Papa giovane, unione di antenna e celluloide, ha il merito di pacificare tutti e di guidarci verso una nuova era, un’era nella quale per lo stesso prodotto verranno proposte più versioni e con destinazioni d’uso differenti, senza più gerarchizzare piccoli e grandi schermi ma guardando solamente alla storia, alla qualità delle immagini e ad un pubblico che non è più così facile identificare.