Industria 4.0: un’Italia che guarda da lontano i Paesi del Nord

immagineIl Rapporto I-Com, presentato lo scorso 17 novembre in occasione del convegno ”INTERNET OF THINGS & 5G REVOLUTION. The Highway for the future of EU Services and Industry: Energy, Healthcare and manufacturing”, prova a fare il punto sulla situazione europea rispetto alla diffusione di Industria 4.0. In particolare, I-Com ha elaborato un indice sintetico sul grado di preparazione degli Stati membri. Le variabili su cui l’indice si basa sono quelle più strettamente connesse al tema della quarta rivoluzione industriale ed inerenti all’adozione delle tecnologie, alle infrastrutture e alle competenze.

Sul podio Svezia, Danimarca e Germania che, grazie ad un’ottima base infrastrutturale ed un buon grado di adozione delle tecnologie disponibili (in particolare, si distingue la Svezia per sottoscrizioni machine-to-machine, con 67 per ogni 100 abitanti), riescono ad ottenere un punteggio elevatissimo, pari o molto prossimo al massimo (100).

L’Italia, purtroppo, riesce in questa graduatoria a guadagnarsi solo un modesto 20° posto, in parte a causa della scarsa connettività – nonostante i passi avanti compiuti negli ultimi anni, infatti, il nostro Paese è fermo ad una copertura in banda ultra larga di solo il 44% del territorio nazionale, meglio solo della Grecia (36%) – sebbene il punto più critico restino le competenze: anche queste, infatti, risultano essere inferiori a buona parte dell’Europa, che già di suo non brilla particolarmente sul tema e, anzi, necessita di investimenti molto più importanti. È su quest’ultimo punto che paiono assolutamente necessari interventi più decisi e coraggiosi, se non si vuole vanificare gli sforzi dell’intero sistema. La forte complessità e frammentazione che caratterizza il nuovo paradigma industriale – come anche sottolineato al tavolo di discussione durante il convegno – enfatizza infatti in maniera particolare il ruolo delle competenze, che richiedono uno sforzo ulteriore da parte dei Governi nazionali, riconoscendo che le competenze da sviluppare non sono semplicemente competenze informatiche ma piuttosto competenze innovative e manageriali: conoscenze nuove, diverse e trasversali sono necessarie a tutti i livelli professionali, dall’operaio al dirigente; ma occorre anche pensare a nuove forme contrattuali di smart working che facilitino il decollo di questo nuovo paradigma. È vero pure, però, che qualche sforzo ulteriore appare necessario anche da parte delle imprese, che registrano una ancora timida adozione, almeno di alcune delle tecnologie abilitanti. Ad eccezione del cloud e dei sistemi ERP, infatti, per il resto sono ancora poche le imprese italiane che fanno uso delle altre tecnologie abilitanti, quali le tecnologie di identificazione per frequenze radio o il M2M.

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Un cambio di passo è, insomma, necessario per poter cogliere a pieno le opportunità offerte da Industria 4.0 e non lasciarsi scappare l’occasione di puntare sulle eccellenze tipiche italiane per costruire il nostro futuro, ma confidiamo che il Piano Industria 4.0 presentato dal Governo rappresenti non un punto di arrivo ma piuttosto un buon punto di partenza.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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