La crescita impetuosa della fruizione di video on line è sotto gli occhi di tutti rappresentando un fattore dirompente per i modelli di business dell’industria dei contenuti audiovisivi.
Lo certifica anche l‘ultimo rapporto Ericsson nel quale si ipotizza che nel 2020 anche nel nostro Paese si verificherà il sorpasso della fruizione on demand rispetto al palinsesto tradizionale sopratutto da parte delle giovani generazioni.
Ripercorrendo seppure sinteticamente l’evoluzione digitale del mercato audiovisivo per comprendere la portata di questo fenomeno, si possono individuare approssimativamente tre fasi fondamentali:
- A fine anni ’90, il proliferare del file sharing, del P2P e di piattaforme come Napster fanno emergere, seppur nell’ambito della pirateria, un nuovo modello di fruizione dei contenuti, cominciando a minare quella fetta di mercato basata sulla distribuzione degli stessi tramite supporto fisico.
- Nei primi anni 2000 le industrie del settore, in particolare quella musicale, cominciano a prendere coscienza del cambiamento in atto nel loro pubblico e a studiare le prime strategie di adattamento, mentre nuovi player come iTunes e Netflix si affacciano sul mercato mettendo in discussione posizioni consolidate.
- Alla fine della prima decade del nuovo millennio mobile, social e cloud contribuiscono a stabilire definitivamente un nuovo paradigma di consumo basato sui principi dell’AAA (Anything, Anytime, Anywhere).
Passate queste prime tre radicali ondate di trasformazione, se ne attende un’altra basata sull’IoT e su quelli che si sentono sempre più comunemente definire come “living services”, cioè servizi smart e flessibili ritagliati sulle esigenze del consumatore, capaci di adeguarsi alle sue aspettative e a tutti i bisogni della vita quotidiana. Ad emergere con chiarezza dal processo in corso è perciò un trend all’interconnessione e alla personalizzazione di tutte le esperienze audiovisive; un paradigma che ormai possiamo assumere come di lunga durata nel mercato audiovisivo, anche a causa di un fondamentale fattore demografico.
Entro il 2025 i tre quarti della forza lavoro mondiale saranno composti dai cosiddetti “millenials”, la generazione X nata a partire dalla fine degli anni ’80, nativa non solo del digitale ma anche di smartphone, tablet e social network. La middle class, al contempo, crescerà dagli 1,8 miliardi di individui del 2009 ai 4,9 miliardi previsti nel 2030, in particolare nelle economie emergenti, sostenendo la domanda di prodotti mediatici dal costo non troppo elevato ma, al tempo stesso, arricchiti da un assortimento di contenuti educativi, premium e soprattutto on demand.
Ciò che ne consegue sembra essere una modifica permanente della value chain del settore, sempre più popolata di operatori nati nel ramo digitial, nonché permeata dai consumatori stessi, in quanto curatori di contenuti amatoriali (user generated content) e vettori fondamentali di successo sulle piattaforme di tipo social. Basti pensare agli influencer, gli utenti con un vasto seguito di followers, spesso cooptati dagli operatori tradizionali per dar vita ad una nuova offerta completamente tarata sul pubblico online. L’esempio più evidente è quello di YouTube, che da servizio di video sharing ha compiuto l’autunno scorso il salto verso lo SVOD, puntando proprio sui suoi nomi più popolari, le YouTube star, cui è stata affidata la creazione di show originali dal taglio più professionale. Ma ci sono anche gli esempi delle case di produzione digitale Maker Studios, rilevata da Disney nel 2014, e Awesomes TV, controllata da DreamWorks Animation e Verizon, senza contare tutti i casi di broadcaster tradizionali che si sono rivolti alle personalità del web per realizzare nuovi format quali #SocialFace, lanciato in Italia da Sky lo scorso aprile.
Il traffico generato dal consumo di video detiene ormai stabilmente la quota più alta nel consumo di banda rispetto ad altre attività svolte tramite Internet, come l’invio di mail e dati, il file sharing e i videogame. La tendenza si conferma ampiamente anche nelle nuove proiezioni secondo cui streaming e download di contenuti audiovisivi (compresi quelli noleggiati o acquistati su piattaforme di video on demand) raggiungeranno entro il 2020 l’80% di tutto il traffico online, pari a oltre 103 mila petabyte.
Il tasso di crescita annuale composto sarà anche elevato, pari al 31%, battuto solo da quello del gaming che, pur aumentando di 66 punti percentuali, tra quattro anni non supererà una fetta pari allo 0,4% del traffico. L’incremento, comunque elevato in termini proporzionali, sarà dovuto alle nuove console dotate di uno spazio di archiviazione tale da consentire di scaricare i giochi piuttosto che acquistarli su supporto fisico. Altro dato interessante risulta inoltre quello riguardante la realtà virtuale, che secondo le stime del Cisco Visual Networking Index passerà dai 4,2 petabyte per mese del 2014 ai 17,9 PB del 2020, quadruplicando il suo peso nel consumo di banda e mettendo a segno un CAGR (tasso di crescita annuale composto) del 127%.
Per quanto riguarda il tipo di traffico, fondamentale sarà l’apporto del mobile, che crescerà con un tasso composto del 17,2% contro l’appena 4,5% delle connessioni desktop.
Queste ultime, in particolare, hanno subito nell’ultimo anno un rallentamento tale da allinearle con il ritmo di crescita delle trasmissioni tv digitali (cavo, satellite, DTT e Iptv). Ecco perché, secondo Cisco, l’avanzata del cord-cutting andrà di pari passo con l’incremento del mobile viewing, specialmente in mercati come quelli emergenti dove il digital divide diminuirà grazie agli smartphone ancor prima che grazie alla penetrazione della banda larga fissa.
La transizione progressiva verso il consumo audiovisivo connesso contribuirà proprio a spingere verso l’alto il consumo di banda, in aumento di oltre il doppio nelle case già passate agli abbonamenti online a sfavore della pay-tv. Si prevedono per la precisione 102 gigabyte consumati al mese contro i 49 GB dei nuclei dotati del solo accesso alla tv tradizionale.
Insomma se Se “il contenuto è Re”, come recita uno degli assiomi del comparto, appare ormai evidente che il video online ne reclami con forza la corona.