L’UE e la lunga strada verso una minore dipendenza energetica

immagineNel 2015 l’Unione Europea si è affidata per il 54,1% dei suoi fabbisogni a fonti extracomunitarie, un dato in aumento rispetto al 2014 (+0,6 p.p): è quanto emerge dagli ultimi dati Eurostat, aggiornati lo scorso 17 febbraio.

L’Italia è ancora molto, anzi troppo, dipendente dalle importazioni energetiche estere. Secondo i dati Eurostat, il nostro Paese è costretto ad importare oltre i tre quarti di quanto consuma: peggio di noi solo altri sette Paesi, tre dei quali però sono isole. In Italia il grado di dipendenza energetica – definito come rapporto tra le importazioni nette e la somma tra consumo di energia primaria e i bunkeraggi marittimi internazionali – è del 77,1%, in Spagna del 73,3% e in Germania del 61,9%. Queste sono le tre principali economie dell’UE a maggior dipendenza da importazioni energetiche. I Paesi meno dipendenti sono Regno Unito (37,4% dei consumi) e Francia (46%) – che sono, poi, tra gli Stati Membri col maggior consumo di energia (complessivamente il 28% del totale UE). Poi abbiamo i casi di pressoché totale dipendenza dall’import: Cipro (97,7%), Malta (97,3%) e Lussemburgo (95,9%).

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I dati Eurostat mostrano, purtroppo, un dato 2015 in controtendenza rispetto all’andamento dell’ultimo decennio: la nostra dipendenza – eccezion fatta per l’aumento registrato nel 2010 – era infatti costantemente diminuita negli anni; nel 2015, al contrario, aumenta di 1,1 p.p. salendo al 77,1%.

Anche se la nostra quota continua ad essere nettamente superiore a quella media europea, va rimarcato tuttavia il progressivo contrarsi del gap col resto d’Europa: grazie al processo di declino cominciato a partire dal 2006, nonostante il recente aumento, il grado di dipendenza del nostro Paese si è comunque sensibilmente ridotto, passando dall’85,9% del 2006 all’attuale 77,1%. Ciò ha permesso di ridurre il divario esistente con la media UE dai 32 p.p. del 2006 ai 23 p.p. del 2015.

A differenza dell’Italia, infatti, la dipendenza dell’UE è andata nel tempo via via aumentando, seppur in maniera molto lieve: a dispetto di un significativo calo della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossi e petrolio – le importazioni nette sono diminuite, nel periodo, rispettivamente del 17% e 13% – ma anche di gas (-7%), sono invece considerevolmente aumentate le importazioni nette di elettricità (+68%), salite dagli 8,5 TWh ai 14,2 TWh.

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Insomma, l’immagine che passano gli attuali dati è quella di un’Europa tutt’altro che autonoma. E se una delle ambizioni dell’Energy Union è quella di diminuire la dipendenza dei Paesi membri dall’importazione di energia estera, c’è ancora un bel pezzo di strada da fare.

 

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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