Le nuove regole del “turismo sharing”

regole-per-la-carriera-580x580L’economia collaborativa o della condivisione, cosiddetta “sharing economy”, si caratterizza per essere un modello socio-economico assolutamente innovativo imperniato sull’utilizzo e lo scambio di beni e servizi piuttosto che sul loro acquisto, secondo uno schema che focalizza l’attenzione sull’accesso e non sul possesso. Sono molte le ragioni che hanno favorito la nascita di un modello dai tratti caratteristici così particolari ed interessanti: senza dubbio la profonda crisi economica che ha colpito il mondo intero e che ancora continua in parte a spiegare i suoi effetti ha giocato il suo ruolo, così come la massiccia diffusione degli smartphone e dei social network ed il desiderio di condurre stili di vita più sostenibili, che hanno favorito lo sviluppo di forme di partecipazione attiva offrendo nuove opportunità di crescita, occupazione ed imprenditorialità basate su uno sviluppo sostenibile socialmente, economicamente ed ambientalmente.

Di fronte ad un paradigma così innovativo e senza precedenti – i cui tratti caratteristici risiedono, appunto, nella condivisione e, quindi, nell’utilizzo comune di una risorsa (bene materiale o immateriale), cui si accompagna una relazione peer-to-peer, ossia un rapporto orizzontale tra i soggetti coinvolti ed infine la presenza di una piattaforma digitale che supporta ed agevola tale relazione consentendo altresì la conclusione di transazioni – le opportunità da cogliere e le sfide da affrontare sono molteplici e variegate ed in parte ancora in attesa di essere pienamente comprese e declinate. Tutti i settori, infatti, sono coinvolti dalla rivoluzione della sharing economy, da quello automobilistico a quello immobiliare ed è assolutamente necessario, da un lato, comprendere le reali potenzialità e l’impatto della sharing economy nei vari comparti economici e, dall’altro, individuare gli strumenti in grado di garantire in maniera efficace la certezza dei rapporti, la tutela dei diritti degli utenti e l’equità fiscale senza cadere nella tentazione di predisporre una regolamentazione eccessivamente pervasiva che ostacoli il naturale sviluppo di un fenomeno che presenta radici sociali profonde ed offre opportunità di crescita straordinarie.

Questo lo spirito che permea le linee guida della Commissione europea del 2 giugno 2016, documento che affronta la tematica della sharing economy evidenziando l’importanza di tale modello per la crescita e l’occupazione nell’Unione europea e descrive i vantaggi che essa offre in termini di uso efficiente delle risorse, accesso a nuovi servizi e ad un’offerta più ampia ed a prezzi più bassi. Lo stesso documento pone in luce alcune delle macro questioni che l’economia della condivisione pone in termini di attribuzione delle responsabilità, distinzione – sempre meno netta nell’economia della condivisione – tra consumatori e imprese ed “attività professionali e non professionali”, previsione di adeguate forme di tutela per gli utenti, il tutto nel tentativo di armonizzare quanto più possibile le discipline nazionali, evitare l’imposizione di oneri normativi superflui e favorire la fiducia nel modello al fine di beneficiare al massimo delle opportunità che ad esso di accompagnano.

Ebbene, anche l’Italia è consapevole dell’importanza della sharing economy tanto da essere stata tra i primi paesi a formulare – nel gennaio 2016 – una proposta di legge in materia proponendo misure relative alla gestione e all’utilizzo delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e di servizi che operano su mercati a due versanti e fornendo strumenti atti a garantire la trasparenza, l’equità fiscale, la leale concorrenza e la tutela dei consumatori. Non solo. Nella manovra recentemente approvata dal Governo è stata inserita una sanzione per Airbnb & co. nel caso di mancato invio all’Agenzia delle Entrate dei dati degli host e prevista l’adozione della disciplina attuativa con decreto dell’Agenzia delle Entrate entro 90 giorni. Si tratta di una previsione che era stata inserita con un emendamento – poi stralciato da Renzi – durante la discussione dell’ultima legge di Bilancio che prevede il coinvolgimento degli intermediari, online e non, sia nella fase di acquisizione dei dati relativi ai contratti sia come sostituti d’imposta, con una ritenuta del 21%, laddove gli stessi intervengano nel pagamento del canone. Con la nuova disciplina, dunque, viene stabilito, da un lato, che è possibile pagare la cedolare secca del 21% anche per questo tipo di locazioni e, dall’altro, che la ritenuta del 21% sarà gestita direttamente dagli intermediari, anche quando questi operino attraverso portali online. Ne discende, pertanto, che Airbnb diventerà sostituto d’imposta con la conseguenza che al momento stesso del pagamento, il portale dovrà trattenere l’importo relativo alla cedolare secca e versare questa somma all’erario.

Siamo di fronte ad un primo provvedimento che si inserisce in maniera decisa nell’economia collaborativa cercando di dare ordine ad un fenomeno che è nato e si è sviluppato per qualche anno in un clima di assoluta “auto-gestione”. Non v’è dubbio che trattandosi di un’economia che genera ricchezza e che ormai fa sempre più concorrenza ai tradizionali operatori è indispensabile porre in campo un set di regole che offrano certezza, sicurezze e garanzie agli utenti ed al mercato e che assicurino anche equità fiscale. A patto però che questo set sia semplice, composto da poche ed efficaci regole che non ostacolino lo sviluppo di un fenomeno straordinariamente dinamico quale quello della sharing economy.

Vicepresidente dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Tor Vergata nel 2006 ha partecipato, nel 2009, al master di II Livello in “Antitrust e Regolazione dei Mercati” presso la facoltà di Economia della medesima università conseguendo il relativo titolo nel 2010, anno in cui ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

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