Il convegno pubblico organizzato a Roma lo scorso 6 luglio da I-Com, ha consentito di affrontare il tema del payback alla luce dei nuovi criteri di valutazione del grado di innovatività dell’Agenzia Italiana del Farmaco.
Il rapporto dal titolo “PAYBACK STRIKES BACK? Quali tasselli per completare il puzzle della nuova governance farmaceutica”, presentato durante l’incontro di luglio, descrive infatti come l’attuale struttura del payback tenda di fatto a penalizzare i nuovi farmaci rispetto a quelli già esistenti, disincentivando l’immissione dei nuovi prodotti nel mercato. Secondo quanto descritto nel report infatti “dato che l’ammontare del ripiano è calcolato sulla base dei dati a consuntivo della spesa farmaceutica dell’anno t0 meno il fatturato dell’anno precedente, qualsiasi nuovo prodotto introdotto nell’anno di riferimento t0 – ad eccezione dei farmaci orfani e di quelli valutati innovativi con benefici economici – è soggetto al pagamento del payback in misura tendenzialmente totale, in quanto privo di un budget di riferimento relativo all’anno precedente.” L’utilizzo dell’attuale meccanismo di payback, vista la presenza di una popolazione italiana sempre più anziana e polimorbida, se dunque consente da una parte di contenere la spesa destinata ai farmaci, dall’altra rischia di dare origine ad una vera e propria barriera al recepimento di prodotti migliori rispetto a quelli già presenti, di fronte a pazienti ormai non raramente affetti da cronicità e maggiormente bisognosi di cure. Sappiamo che il sistema sanitario italiano sta evolvendo da un sistema ospedale-centrico, ancora ben presente, ad uno paziente-centrico, maggiormente spostato sul territorio proprio per rispondere nel miglior modo possibile alle nuove esigenze della popolazione, ma è proprio questa differenziazione delle cure che favorisce la somministrazione dei farmaci più costosi negli ospedali e, come evidenziato dal rapporto, la spesa farmaceutica per acquisti diretti risulta essere quella a maggior rischio di sforamento del tetto di spesa.
Il continuo arrivo sul mercato di nuove opzioni terapeutiche per il trattamento di numerose patologie richiede l’utilizzo di nuovi metodi di valutazione delle tecnologie stesse, che siano in grado di cogliere anche le più sottili differenze tra le varie cure da proporre ai pazienti. Il nuovo modello di attribuzione del grado di innovatività dell’Agenzia Italiana del Farmaco rappresenta una soluzione interessante, in quanto capace di tener conto di quanto l’introduzione di un nuovo farmaco risulti necessaria per rispondere alle esigenze terapeutiche dei pazienti (bisogno terapeutico), dell’entità del beneficio clinico apportato dal nuovo prodotto rispetto alle alternative disponibili (valore terapeutico aggiunto), e della qualità delle prove scientifiche portate a supporto della richiesta (qualità delle prove).
Il bisogno terapeutico e il valore terapeutico aggiunto sono graduati in 5 livelli (massimo, importante, moderato, scarso, assente), mentre la qualità delle prove può essere valutata come alta, moderata, bassa, molto bassa, secondo quanto descritto nel metodo GRADE (Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation).
Il farmaco viene dunque considerato innovativo quando il bisogno terapeutico e il valore terapeutico aggiunto risultano entrambi di livello “Massimo” o “Importante”, con una qualità delle prove a sostegno della documentazione “Alta”: in questo caso esso avrà accesso al Fondo dei farmaci innovativi, oppure al Fondo dei farmaci innovativi oncologici, potrà godere dei benefici economici previsti dalla legge e dell’inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali nei termini previsti dalla normativa vigente per 36 mesi. La permanenza del carattere di innovatività potrà però essere riconsiderata qualora emergano evidenze che ne giustifichino la rivalutazione.
Un altro esito è invece costituito dall’innovatività condizionata (o potenziale), che comporta l’inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali del prodotto, nei termini previsti dalla normativa vigente. In questo caso la rivalutazione del grado di innovatività dovrà avvenire a 18 mesi dalla sua concessione e, in base alle nuove evidenze prodotte, sarà possibile o attribuire il riconoscimento dell’innovatività piena per il tempo residuo di durata prevista, oppure l’innovatività potrà non essere riconfermata, dando origine ad una nuova negoziazione del prezzo e a nuove condizioni di rimborsabilità. Ricordiamo inoltre la questione dei farmaci rivolti alla cura delle malattie rare, per i quali si terrà conto anche dell’oggettiva difficoltà di condurre studi clinici gold standard e di adeguata potenza, fatto che potrà consentire di attribuire l’innovatività anche in presenza di una qualità delle prove bassa, qualora il bisogno terapeutico e il beneficio terapeutico aggiunto dovessero risultare elevati.
L’utilizzo di questo nuovo metodo di valutazione del grado di innovatività dei nuovi farmaci consentirà sicuramente di effettuare una valutazione molto accurata dei nuovi prodotti, fatto da cui dobbiamo però ricordare che dipendono da una parte l’ottenimento o meno, da parte delle aziende produttrici, di importanti benefici economici (budget dedicato e non concorrente a determinare il payback), dall’altra parte la rapidità e l’uniformità di acceso alle cure sul territorio nazionale.