Dieci anni sono passati dalla riforma del sistema di intelligence italiano che ha spianato la strada a quello che noi oggi tutti conosciamo: un sistema di informazione e sicurezza capace di adattarsi alle nuove esigenze, al centro dell’interesse della politica e della Nazione, ormai riconosciuto come elemento essenziale per la sicurezza della Repubblica, dalle Istituzioni ai cittadini.
Alessandro Pansa, già capo della Polizia, oggi è direttore generale del DIS, il Sistema di informazioni per la sicurezza della Repubblica, il comparto di sicurezza che più di tutti ha in mano la palla della cyber security, tema ormai centrale, come abbiamo più volte sostenuto.
Durante il suo discorso, tenuto lo scorso 4 dicembre alla presenza del Capo dello Stato, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’Interno, degli Esteri e della Difesa, il Direttore del DIS ha illustrato il percorso che ha portato all’attuale struttura di cyber-security nazionale, per ultimo il DPCM del 17 febbraio di quest’anno che ha ridisegnato l’architettura cyber nazionale e strutturato il nuovo sistema di gestione delle crisi derivanti dagli attacchi informatici.
Di tutto questo, a titolo informativo di chi legge, se ne discuterà il 12 dicembre mattina a Roma, in occasione della presentazione del nuovo Rapporto Consumatori di I-Com, frutto di uno studio approfondito sui temi della cyber-security e delle nuove fonti normative europee e nazionali.
Riguardo il discorso di Pansa, la testa d’ariete che spalanca il portone della cyber-security è l’estrema attenzione rivolta alla formazione e sensibilizzazione delle giovani generazioni, in particolar modo dei “nativi digitali”.
Lo annunciavano già i dati offerti dall’Osservatorio Crif sulle frodi creditizie in Italia: i giovani dai 18 ai 30 anni, in numero sempre crescente, diventano vittime di reati informatici. Nel 2016, il 17% di questi è stato soggetto a frodi informatiche e, in particolar modo, la fascia d’età in questione ha subìto l’incremento maggiore rispetto all’anno precedente (+11,3%). Ma i problemi non si fermano solo alle carte di credito e agli acquisti online. I soggetti più a rischio sono anche e soprattutto i minorenni, molto preparati sulle tecnologie e poco attenti ai rischi che da queste derivano. Serve, come dice Pansa, maggior tutela di questi soggetti e per farlo, nulla di coattivo potrà portare risultati.
Nessuna imposizione né, tantomeno, spaventarli o attendere che provino sulla propria pelle il disagio derivante da un cibercrimine. È nella formazione e nella presa di coscienza la chiave di volta che potrà reggere la struttura della cyber-security nazionale ed europea.
Gli ingegneri potranno fare il loro mestiere egregiamente, ma senza i cittadini capaci di autoregolarsi e di autodifendersi, grazie anche alla prevenzione con piccoli accorgimenti, durante l’interazione con le nuove tecnologie, l’impegno delle diverse agenzie di cyber-security – da quella europea alle varie declinazioni nazionali – risulterà vano.
Un piccolo suggerimento che ci sentiamo di fare, alla luce della presa d’atto, da parte delle Istituzioni, dell’importanza della formazione delle giovani generazioni e dei “nativi digitali”, è di rendere la scuola il luogo ideale in cui sviluppare tale consapevolezza e di farlo non in modo superficiale ma con un grande impegno, dal MIUR al Viminale: si riformuli l’offerta formativa di tutti gli ordinamenti scolastici e si istituisca una materia ad hoc.
Accanto alla matematica, alla letteratura italiana e alla lingua inglese, deve esserci anche l’educazione civica che, visti i tempi, dovrà essere ribattezzata “educazione civica digitale”, in cui diritti e doveri del cittadino si fondono con le nuove dinamiche provenienti dal mondo delle nuove tecnologie, dove l’etica umana si fonde con l’etica delle macchine.