L’Istat, lo scorso dicembre, ha pubblicato il report con i dati (provvisori) sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali per l’anno 2015, da cui emerge che si ritorna ad investire nel welfare locale, nonostante, però, continuino a permanere profonde differenze regionali.
Dunque, nel 2015, la spesa complessiva dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, ammonta a circa 7 miliardi di euro, pari allo 0,42% del Pil nazionale e in crescita rispetto al 2014 dello 0,2%.
In termini pro-capite, la spesa è – su base nazionale – pari a 114 €; restano, tuttavia, profonde differenze tra le diverse aree del Paese e all’interno delle medesime ripartizioni territoriali.
Le regioni del Nord Est mostrano il valore massimo di spesa pro-capite (166 euro) – il picco, in assoluto, viene raggiunto dal Trentino-Alto Adige (380 euro per abitante); contrariamente nelle regioni del Nord Ovest, la spesa per il welfare locale è inferiore anche a quella delle regioni del Centro; in quest’ultima ripartizione, sono i Comuni del Lazio a dedicare le maggiori risorse per i servizi sociali (140 euro per abitante).
Nelle regioni del Sud, la spesa di cui beneficia mediamente un abitante in un anno è decisamente inferiore rispetto al resto d’Italia e si attesta intorno ai 50 euro pro-capite, con la Calabria che presenta il valore minimo pari a 21 euro. Le Isole – in particolar modo la Sardegna in cui si spende 228 euro per abitante – si distanziano dal resto del Mezzogiorno e con un valore medio pro-capite pari a 111 euro riescono quasi ad agganciare la media nazionale.
I Comuni italiani impiegano quasi il 40% delle risorse per i servizi sociali rivolti alle famiglie e alle persone con i figli. Il 24,5% della spesa è, invece, destinato alle persone con disabilità, mentre il 18,9% agli anziani, soprattutto per integrare le rette in strutture private o per gestire strutture residenziali comunali. Il 7% delle risorse messe a disposizione dai Comuni per il welfare viene impiegato per contrastare la povertà e favorire l’inclusione sociale. Il restante 10% ca. è assorbito dalle spese per i servizi rivolti alla “multiutenza”, agli immigrati e alle persone dipendenti da alcool e droghe.
Anche nell’allocazione delle risorse si evidenziano, in alcuni casi, differenze significative tra le regioni. In particolar modo si nota come in Valle d’Aosta[1] la quota più elevata di spesa (70%) è destinata agli anziani, così come anche in Trentino – Alto Adige (35%) mentre i Comuni della Sardegna impegnano la quota più alta di spesa (47%) per i disabili.
Sicuramente, però, è da notare che la somma delle componenti di spesa per servizi sociali dedicata alle famiglie, ai disabili e agli anziani supera la quota del 70% in tutte le regioni ed evidenzia, dunque, come i servizi rivolti alle altre utenze (poveri, immigrati e soggetti dipendenti da alcool e droghe) assumono un peso meno rilevante, almeno relativamente all’ammontare di spesa impiegato.
[1] Si precisa che in Valle d’Aosta una parte significativa dei servizi sociali è gestita dalla Regione. I servizi per i disabili ad esempio sono quasi interamente mancanti nei dati analizzati.