Le spese che gli italiani sostengono di tasca propria per i consumi sanitari sono cresciute in dieci anni (dal 2006 al 2016) del 22,4%. Lo mette in luce il 15° rapporto “Ospedali & Salute 2017” dell’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), presentato lo scorso 17 gennaio in Senato. Allo stesso tempo il totale della spesa pubblica per consumi sanitari è invece aumentato di un minore 14,2% e la spesa per consumi delle stesse famiglie di circa l’11%, mettendo in luce una certa priorità per le spese relative alla salute rispetto alle spese per consumi nel loro complesso. Se guardiamo l’andamento delle due voci di spesa nei dieci anni cui si è appena fatto riferimento, notiamo come gli andamenti della spesa per consumi e della spesa per consumi sanitari (a prezzi correnti) siano stati molto simili negli anni 2006 – 2010, in tendenziale aumento e con una flessione in corrispondenza degli anni della recessione. A partire dal 2010 le due voci di spesa mostrano invece due dinamiche via via divergenti. Negli ultimi sei anni mentre la spesa per consumi sanitari è cresciuta in media ogni anno del 2,4%, la spesa per consumi totali delle famiglie è cresciuta in media ogni anno dello 0,8%. Questa accelerazione della spesa per consumi sanitari, secondo il rapporto, sarebbe legata all’effetto accumulato dei processi di riduzione/controllo della spesa pubblica e, spesso, del peggioramento dei servizi del sistema sanitario nazionale. Questo avrebbe portato le famiglie ad investire parte del loro reddito per accedere a servizi alternativi o integrativi rispetto a quelli pubblici.
Infatti, si legge, su 2000 persone adulte nella posizione di caregiver[1] intervistate, il 77,4% dichiara di aver sostenuto almeno una spesa out-of-pocket nell’ultimo anno, facendosi cioè direttamente carico di un costo per sé stessi o per altri membri della famiglia pur avendo avuto accesso a servizi sanitari in strutture pubbliche o private accreditate. La componente più consistente di questa spesa risulta essere rappresentata dal pagamento di ticket per farmaci, dalle analisi e dagli accertamenti diagnostici, dalle visite specialistiche e dal pagamento per l’accesso al Pronto Soccorso e ai servizi intramoenia. La spesa out–of–pocket sostenuta solo per queste voci ammonterebbe, secondo le stime dell’Aiop, a 8,4 milioni di euro: l’85% delle spese sanitarie intese in senso stretto (escluse cioè le spese assistenziali). Emerge inoltre come i caregiver spendano cifre significative per l’accesso a prodotti e/o servizi sanitari e socioassistenziali che hanno a che fare con strutture private e con professionisti e collaboratori privati. Le famiglie italiane, secondo le stime, spenderebbero complessivamente in questo modo 16,4 milioni di euro per servizi e prodotti sanitari e 2,4 milioni di euro per servizi assistenziali in un anno. La spesa più elevata, nella prima categoria, è quella per le cure dentarie (7 milioni di euro in un anno), seguita da quella per l’acquisto di farmaci senza prescrizione medica (2 milioni di euro in un anno). Tra i servizi assistenziali a pesare di più sono invece le spese per la badante, con un esborso da parte delle famiglie italiane coinvolte di circa 1,3 milioni di euro in un anno.
L’ammontare della spesa privata per servizi assistenziali agli anziani riflette in parte il progressivo invecchiamento della popolazione e dunque delle malattie croniche ad esso legate, che richiede oggi nuovi interventi per il potenziamento e l’armonizzazione dei modelli organizzativi di assistenza primaria. L’utilizzo di risorse economiche familiari per accedere a prestazioni di tipo sanitario trova alla sua base motivazioni diverse. Come prima, tra le tante, il rapporto dell’Aiop riporta la presenza di liste di attesa troppo lunghe per effettuare analisi, accertamenti diagnostici, visite specialistiche o ricoveri, ma anche la necessità di acquistare farmaci per i quali non è più prevista la prescrizione da parte del SSN o alle difficoltà burocratiche che si devono affrontare rivolgendosi alle strutture pubbliche. Di fatto queste motivazioni rischiano di creare, sempre più, una segmentazione nelle possibilità di accesso alle cure lungo la distribuzione del reddito della popolazione. Secondo i dati OECD la spesa sanitaria out-of-pocket rappresenta in Italia circa il 22% della spesa sanitaria complessiva, una delle incidenze più elevate tra i paesi dell’Eurozona (si pensi che in Francia rappresenta il 6,8% del totale e in Germania il 12,5%). Minore risorse per il servizio pubblico e maggiore utilizzo di proventi privati rischiano di mettere a repentaglio l’universalità nell’accesso alle prestazioni, alla base del disegno del nostro sistema sanitario nazionale: la nuova legislatura sembra dunque aprirsi con l’esigenza di un profondo ripensamento della governance della sanità.
[1] Il termine anglosassone “caregiver”, è entrato ormai stabilmente nell’uso comune; indica “colui che si prende cura” e si riferisce naturalmente a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile.