Perché l’efficienza energetica non spinge (ancora) il mercato immobiliare

efficienza-energeticaGiunge al quinto anno consecutivo il monitoraggio delle dinamiche del mercato immobiliare in funzione delle caratteristiche energetiche degli edifici frutto della collaborazione tra l’ENEA, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti (FIAIP).

In generale, i dati 2017 relativi al mercato immobiliare presentano una situazione in chiaroscuro. Rallenta visibilmente la corsa del mercato, secondo stime su dati dell’Agenzia delle Entrate, con una crescita del numero di transazioni a livello nazionale che si attesta tra il 3 e il 4 percento rispetto a una crescita dell’anno precedente pari al 18,9%. Sul fronte dei prezzi delle abitazioni l’Istat registra nei primi tre trimestri del 2017 una diminuzione dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Questi dati confermano la relativa stabilizzazione dei prezzi del mercato immobiliare residenziale, dopo le rilevanti cadute degli anni precedenti. Anche per il 2017, l’Ance stima una contrazione pari a -1,5% degli investimenti nella nuova edilizia residenziale rispetto al 2016, mentre la riqualificazione del patrimonio abitativo segna una crescita dello 0,5%.

Venendo ai dati dell’indagine congiunta ENEA, FIAIP e I-Com, si evidenzia come la maggior parte degli edifici venduti nel 2017 appartiene alle classi energetiche più scadenti. Il dato non sorprende, considerando che lo stock immobiliare italiano è prevalentemente costituito da immobili edificati prima degli anni ’90, prima cioè dell’introduzione di standard energetici minimi prestazionali.

Analizzando i dati secondo le diverse tipologie di immobili compravenduti (Fig.1), si conferma la predominanza della classe G per tutti gli edifici analizzati. La percentuale degli immobili così classificata varia infatti tra il 54,7% delle villette al 66,7% dei bilocali. Specularmente, le percentuali degli immobili nelle prime tre classi energetiche (A+, A e B) oscilla tra il 4,4% dei bilocali all’8,7% delle villette.

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Un notevole balzo in avanti viene fatto, in termini di qualità energetica dagli edifici compravenduti nel 2017, per quanto riguarda gli immobili di pregio. La percentuale di questa tipologia di immobili ricadenti nelle prime tre classi energetiche passa a rappresentare, infatti, il 22,1% del totale delle transazioni degli immobili di pregio, contro un dato del 14,1% del 2016. Cresce anche il peso degli immobili di buona qualità energetica compravenduti nei centri storici (si passa dal 6,4% del 2016 al 10,8% del 2017), mentre cala la percentuale di quelli relativi alle zone semi centrali e periferiche.

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Cruciale, al fine di cogliere alcune importanti dinamiche del mercato immobiliare relativamente alla qualità energetica di un edificio, è l’analisi della distribuzione percentuale delle classi energetiche degli edifici oggetto di transazione immobiliare nel 2017 in funzione dello stato di conservazione dell’immobile (Figura 3).

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In questo caso, i dati presentano alcuni elementi di differenza rispetto ai trend evidenziati gli scorsi anni. La prima e più evidente variazione è relativa agli immobili nuovi.

Se la percentuale di immobili di elevata qualità energetica (A+, A e B) rappresentava quasi il 60% degli immobili di nuova costruzione venduti nel 2016, tale valore, nel 2017, scende al 40%. Il dato, abbastanza sorprendente visti anche gli elevati standard imposti per legge alle nuove costruzione, può essere spiegato considerando il notevole stock di invenduto del segmento delle nuove abitazioni che comprende quindi edifici costruiti tempo addietro ma che non sono mai stati oggetto di compravendita. Relativamente stabile, invece, la situazione per gli immobili ristrutturati e in buone condizioni, per cui la percentuale di edifici nelle prime tre classi energetiche rappresenta rispettivamente il 10% e il 15% del totale. Anche in questo caso è sorprendente come, nel 2017, la percentuale degli immobili in buone condizioni e nelle classi energetiche A+, A e B sia superiore di 5 punti percentuali rispetto agli immobili ristrutturati. Si conferma quindi di estrema attualità la necessità di introdurre strumenti efficaci per stimolare la realizzazione di interventi di retrofit energetico in fase di ristrutturazione edilizia. Non sorprende invece il dato relativo alla qualità energetica degli edifici da ristrutturare: in questo caso la percentuale degli immobili in classe G rappresenta quasi l’80%.

Anche quest’anno lo studio si è soffermato su aspetti più qualitativi, analizzando il sentiment dei mediatori immobiliari professionali rispetto ad una molteplicità di aspetti. Stabile, entro le oscillazioni che il dato presenta di anno in anno, il dato relativo alla valutazione della capacità sia di chi compra e di chi vende un immobile di saperne valorizzare le caratteristiche energetiche: rispettivamente il 44% e il 41% ha una capacità almeno sufficiente (i dati del 2016 erano invece pari al 51% e il 40% rispettivamente).

Sempre ambivalente la funzione di bussola per il mercato rispetto a immobili energeticamente performanti dell’APE: per il 50% degli intervistati non serve ad orientare le scelte di chi compra o vende un immobile (meglio rispetto all’anno precedente). Dato analogo per i professionisti del settore per cui l’APE non è utile per il 51% (nel 2016 la percentuale era pari al 40%). Per aumentare l’utilità rispetto ai clienti l’azione che trova maggiore consenso (il 44% degli agenti immobiliari intervistati lo mette al primo posto) è quella di rendere l’APE uno strumento dinamico che consenta all’acquirente di capire quali saranno i suoi consumi energetici reali nel momento in cui andrà ad abitare nell’immobile acquistato.

Come nel 2016, anche per l’anno 2017 divide invece gli addetti ai lavori la proposta di inserire una specifica voce nei listini immobiliari legata agli immobili “ristrutturati green”: sebbene la percentuale di contrari scende dal 52% al 48%, prevalentemente perché sarebbe difficile stimare un valore aggiuntivo rispetto alla categoria “ristrutturato” (prima motivazione addotta dal 44% dei contrari).

Interessanti le motivazioni che, secondo gli agenti immobiliari professionisti intervistati, portano ad una scarsa attenzione da parte dei clienti rispetto agli immobili in classe energetica elevata: struttura familiare,

disponibilità di spesa e livello culturale e consapevolezza ambientale sono, in ordine, le prime tre voci identificate. Esce quindi, rispetto al 2016, il tema della scarsa fiducia nei sistemi di etichettatura energetica ed entra, al primo posto, la struttura familiare dell’acquirente.

La scarsa percezione del valore di mercato degli immobili di classe energetica più elevata rappresenta anche la principale barriera percepita all’accesso al credito per ristrutturazioni energetiche, come mostra il grafico di seguito riportato, anche se le risposte date sembrano meno polarizzate su questo tema rispetto all’anno precedente.

Le dinamiche del mercato immobiliare rivelate nell’arco del quinquennio non sembrano mostrare significativi progressi relativamente alla variabile efficienza energetica degli edifici, che rimane un elemento poco valorizzato e promosso. Si rende quindi necessario rivedere e potenziare alcuni strumenti di policy e di stimolo per affrontare il principale tema per il mercato immobiliare del nostro paese: la ristrutturazione efficiente degli immobili esistenti. In questo senso, le linee strategiche dettate dalla SEN 2017 sembrano focalizzare bene i temi principali: revisione e potenziamento dell’ecobonus, accesso al credito e standard minimi prestazionali per le ristrutturazioni.

E’ Vicepresidente dell’Istituto per la Competitività, un istituto di ricerca indipendente che ha contribuito a fondare nel 2005 e che promuove temi ed analisi sulla competitività in chiave innovativa, all’interno del quadro politico-economico europeo ed internazionale.

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