Nel 2017 la domanda globale di energia è aumentata del 2,1%, più del doppio rispetto al tasso di crescita registrato nel 2016. L’anno scorso ha raggiunto i 14.050 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtoe), mentre, nel 2000, la domanda si fermava a 10.035 Mtoe. A riferirlo è il “Global Energy and CO2 Status Report” da poco pubblicato dall’International Energy Agency con l’obiettivo di fornire un’istantanea dei trend più significativi su combustibili fossili, fonti rinnovabili, emissioni di carbonio ed efficienza energetica.
Sono proprio le fonti fossili a rispondere alla maggior parte (più del 70%) dell’aumento della domanda d’energia. A crescere più di tutte, trainata dall’edilizia e dall’industria, è la domanda di gas naturali (+3%, di cui quasi l’1% frutto della richiesta cinese), che raggiungono la quota record del 22% sulla domanda complessiva di energia. Il petrolio, invece, cresce dell’1,6%: un tasso più che doppio rispetto alla media dell’ultimo decennio, dovuto al settore dei trasporti (grazie in particolare a una quota crescente di SUV e camion nelle maggiori economie) e al petrolchimico. Lo sviluppo economico asiatico evidenzia anche una crescita del carbone, che aumenta dell’1% dopo 2 anni in diminuzione. Come risultato di questi trend di incremento della domanda di fonti fossili, si registra una crescita dell’1,4% delle emissioni di CO2, che risultavano ferme da 3 anni e che ora, al contrario, raggiungono il record storico di 32,5 miliardi di tonnellate. Tuttavia, l’aumento delle emissioni non è una tendenza uniforme. Una riduzione si registra in Paesi come il Regno Unito, il Giappone, il Messico e soprattutto gli Stati Uniti, che più di tutti riducono le emissioni inquinanti grazie a un impiego più elevato di fonti rinnovabili.
Variazione dell’emissioni di C02 legate all’energia per regione, 2017
Fonte: Global Energy and CO2 Status Report, IEA
Le fonti rinnovabili rispondono a un quarto della domanda globale di energia. Nel 2017 hanno conosciuto un tasso di crescita record del 6,3% (380 TWh), trainate dalla Cina, oltre che dagli Usa, che insieme contribuiscono al 50% dell’aumento dell’energia prodotto da questa fonte. Seguono l’Unione Europea (8%), l’India e il Giappone (6% ciascuno).
È l’energia eolica a guidare la crescita delle fonti rinnovabili, con una quota del 36% sull’incremento complessivo. Seguono il solare fotovoltaico (27%), l’idroelettrico (22%) e la bioenergia (12%). Nello specifico, la Cina da sola ha contribuito al 40% della crescita dell’eolico e del solare fotovoltaico, mentre gli Stati Uniti mostrano una percentuale simile per l’idroelettrico, dove, al contrario, l’Unione Europea ha ridotto di quasi il 10% l’energia prodotta. Nel complesso, la Cina ha superato gli Usa come leader mondiale per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili (escludendo l’idroelettrico).
La capacità nel solare fotovoltaico raggiunta dalla Cina nel solo 2017, ad esempio, è equivalente alla somma della capacità totale nello stesso settore di Francia e Germania messe insieme. Meno positive le evidenze riguardanti l’efficienza energetica. A causa di un indebolimento nella copertura e nella severità delle politiche e di prezzi più bassi, rallentano in modo importante gli avanzamenti sul fronte del risparmio di energia.
L’intensità dell’energia globale, definita come l’energia impiegata per unità di prodotto, è diminuita per 2 decenni. Tuttavia, nel 2017 il tasso di decrescita si è ridotto drasticamente. Rispetto al 2,3% segnato in media negli ultimi tre anni, nel 2017 si è fermato all’1,7%. Si tratta della metà di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi sul clima.