“Negli Usa un morto ogni 12 minuti a causa di eroina e pillole antidolorifiche”[1]. Inizia così l’indagine svolta da Milena Gabanelli e Andrea Marinelli sul Corriere della Sera. La prescrizione di forti antidolorifici oppioidi per alleviare il dolore cronico o quello dovuto a infortuni o alla fase post-operatoria sta divenendo un fenomeno dilagante negli Stati Uniti, dove la dipendenza dovuta agli oppiacei può generare facilmente il passaggio dalla pillola al mercato nero. La Società Italiana di Farmacologia (SIF) ha dunque evidenziato in un position paper dal titolo “Trattamento del dolore cronico in Italia. Appropriatezza terapeutica con oppiacei e timore di addiction: situazione italiana vs USA”, che bisogna avere chiaro in primis come vengono utilizzati questi farmaci. Gli effetti sull’organismo dipendono dal tipo di uso che ne viene fatto e ciò porta a suddividere gli utilizzatori di questi prodotti in pazienti oncologici, pazienti con dolore cronico e persone che non usano queste sostanze in modo appropriato: solo così è infatti possibile capire il reale impatto in termini di decessi e dipendenza.
La SIF riporta che l’utilizzo appropriato degli oppioidi nella gestione del dolore in soggetti con cancro avanzato è ampiamente accettato a livello internazionale e che raramente il loro utilizzo interferisce negativamente con la gestione di questi pazienti. La stessa SIF evidenzia inoltre che l’uso degli oppioidi nel dolore cronico non oncologico è ancora oggi oggetto di controversie, ad esempio la prescrizione rivolta al trattamento del dolore cronico non-oncologico e/o di tipo neuropatico mostra evidenze di scarsa efficacia e di insorgenza di complicanze.
Per quanto riguarda la questione dell’utilizzo non appropriato ricordiamo che la stessa SIF riporta la definizione dei casi di “abuso”, “misuso” e “diversione”, fattori che possono peggiorare lo stato di salute di chi ne fa utilizzo, portando a dipendenza, overdose e decesso:
Misuso: “qualsiasi uso del farmaco al di fuori della prescrizione medica, senza escludere la possibilità che il paziente possa avere delle ragioni mediche per assumere il farmaco. Per esempio la richiesta e l’uso di dosi più elevate di un determinato principio attivo, al di sopra della dose massima indicata. Un tale atteggiamento non aderente alle indicazioni del medico da parte di un paziente potrebbe essere dovuto anche a una mancata efficacia terapeutica e non necessariamente ad un comportamento aberrante teso alla ricerca del principio attivo per farne un uso pericoloso o per dipendenza fisica da oppioidi.”
Diversione: “l’approvvigionamento non approvato di un farmaco tramite scambio, condivisione o cessione o vendita illecita e la messa in circolazione allo scopo di alimentare il mercato illecito di sostanze stupefacenti. In questo caso il soggetto che usa il farmaco non è oggetto di alcuna prescrizione medica per oppioidi ed il soggetto per il quale era stata fatta la prescrizione e che cede, condivide, scambia o vende il farmaco oppioide esercita una diversione dall’uso consentito. Ciò può avvenire volontariamente (fornitura intenzionale ad un’altra persona) o involontariamente (fornitura involontaria come dosi perse, furto e/o minaccia). Questa definizione comprende anche la mancata conservazione in luogo sicuro dei medicinali (ad esempio in luoghi e contenitori accessibili a bambini piccoli.”
Abuso: “un uso eccessivo ed intenzionale, sporadico o persistente di un farmaco, accompagnato da effetti potenzialmente dannosi sia fisici che psicologici.”
Il position paper della SIF evidenzia dunque quanto sia importante effettuare un uso corretto di questi farmaci. I dati giunti dagli USA non devono dunque allarmare i cittadini che ne fanno un uso appropriato, come l’assunzione in caso di forti dolori dovuti ad una patologia oncologica, poichè gli effetti da temere sono quelli associati ad un uso ricreazionale e certamente inappropriato.
[1] Corriere della Sera, “Negli Usa un morto ogni 12 minuti a causa di eroina e pillole antidolorifiche”, 16.04.2018