L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) rilancia l’allarme sull’ inquinamento dell’aria. Nove persone su dieci nel mondo sono esposte a valori medi degli inquinanti atmosferici superiori a quanto raccomandato per la salvaguardia della salute mentre i decessi legati a questa causa ammontano a circa 7 milioni di persone l’anno.
Le stime dell’Oms, presentate nel rapporto pubblicato il 2 maggio, si basano sui dati raccolti sull’inquinamento atmosferico, tassi di polveri sottili e ultrasottili, e su quello indoor, causato ad esempio dall’utilizzo di stufe a carbone o a legna, in 4.300 città in cento Paesi. Secondo le stime, l’aria inquinata è la causa principale del 24% dei decessi avvenuti per attacco cardiaco, del 25% degli ictus letali, del 43% delle morti per malattie polmonari ostruttive e del 29% dei tumori al polmone. L’incidenza maggiore si rileva nel Sud Est asiatico e nel Pacifico Occidentale, con più di 2 milioni di morti, mentre la regione europea dell’Oms ne conta circa 500 mila.
Senza sorpresa, sono le grandi città ad avere l’aria peggiore: nelle città europee si perdono dai 2 ai 24 mesi di vita per colpa dello smog, a seconda del livello dell’inquinamento urbano. Per l’Oms questi dati non fanno rilevare un sostanziale miglioramento negli anni, viceversa sono piuttosto stabili. Si riconosce dunque che l’inquinamento atmosferico non ha confini e che il miglioramento della qualità dell’aria richiede un’azione governativa sostenuta e coordinata a tutti i livelli. Le priorità restano le note: mobilità sostenibile, produzione ed uso di energia rinnovabile, gestione dei rifiuti. La buona notizia però, sottolinea Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’Oms, è che la consapevolezza da parte dei settori coinvolti (es. trasporti, alloggio, energia) è aumentata. Inoltre, cresce il numero di governi che si impegnano per monitorare l’inquinamento atmosferico, primo passo verso l’implementazione di politiche atte a ridurlo.
In Italia un esempio virtuoso è rappresentato dal progetto Viass, Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute. Finanziato nel quadro delle iniziative del Centro Controllo Malattie (Ccm) del ministero della Salute, il progetto Viaas ha l’obiettivo di effettuare una valutazione integrata dell’inquinamento atmosferico considerando il complesso degli eventi (dalle politiche, alle fonti di esposizione, alle modalità di esposizione, agli impatti) che possono influire sulla salute della popolazione. Secondo le stime prodotte nell’ambito del progetto, l’inquinamento accorcia la vita di un cittadino italiano di 10 mesi in media, con valori più elevati al Nord. Lo studio dimostra inoltre che il 29% della popolazione italiana vive in luoghi dove la concentrazione degli inquinanti è mediamente al di sopra delle soglie di legge.
Se nel 2005 il numero di decessi attribuibili all’ inquinamento è stato, rispettivamente, di 34.552 per il PM 2.5 e di 23.387 per l’NO2, nel 2010 si è osservata una forte diminuzione soprattutto legata alla riduzione delle emissioni causata dalla recessione economica. Per il 2020, nonostante i miglioramenti tecnologici, si prospetta invece uno scenario tutt’altro che migliorato rispetto a dieci anni prima (28.595 morti per PM 2.5, 10.117 per NO2).
Se però si ipotizzasse la completa adesione in tutta Italia ai limiti di legge previsti dalla normativa europea e nazionale o una riduzione uniforme del 20% delle concentrazioni di inquinanti sul territorio entro il 2020, sarebbe possibile ottenere un risparmio di vite umane compreso tra le 26.000 e le 34.000. Una prospettiva che dovrebbe bastare a rendere tutti più responsabili, dalle istituzioni di governo centrali e locali ai singoli cittadini.