Come corre l’industria farmaceutica italiana. Il primato nell’Unione Europea


Articolo
Maria Rosaria Della Porta

L’industria farmaceutica italiana continua a mettere a segno risultati estremamente sorprendenti. Nel 2017, con un valore della produzione pari a 31,2 miliardi di euro, l’Italia è diventato il primo paese produttore dell’Unione Europea, superando la Germania. Tale successo – che si concretizza in investimenti e soprattutto in crescita dell’occupazione – è stato raggiunto esclusivamente grazie alla crescita delle esportazioni che hanno sfiorato i 25 miliardi di euro.

Sui mercati esteri la farmaceutica italiana fa la parte del leone. Nella classifica nazionale dei poli tecnologici per export, i primi due sono farmaceutici – Lazio e Lombardia – così come lo sono il quarto e il settimo, rispettivamente in Toscana e Campania. I quattro poli farmaceutici, con un valore complessivo delle esportazioni pari a circa 17 miliardi di euro, coprono il 55% dell’export totale dei poli hi-tech italiani.

Fonte: Intesa Sanpaolo, Monitor dei Poli tecnologici – Aprile 2018

È questa la fotografia illustrata durante l’appuntamento annuale dell’Assemblea Pubblica di Farmindustria, che quest’anno ha festeggiato i 40 anni dalla nascita. L’evento ha rappresentato l’occasione per mettere in luce non solo i numeri da capogiro dell’industria farmaceutica ma anche i progressi della scienza medica che hanno consentito di aumentare l’aspettativa di vita e ridurre la mortalità per le prime cinque cause di decesso degli anni ’80 (malattie del sistema cardiocircolatorio, tumori maligni, malattie del sistema respiratorio, patologie dell’apparato digestivo, e HIV/AIDS).

Durante l’iniziativa è emerso che anche sul fronte occupazionale l’industria farmaceutica italiana ha dato un prezioso contributo. Nel 2017, gli addetti farmaceutici sono 65.400, 1.000 in più rispetto al 2016 (+1,6%). Si può, inoltre, definire come un settore dalle “cifre rosa”: infatti, può contare sulla forte e qualificata presenza di donne – il 42% del totale rispetto al 29% della media manifatturiera – con ruoli importanti nell’organizzazione aziendale, come mostra la leadership farmaceutica per la quota femminile di dirigenti e quadri. Nella ricerca, inoltre, le donne rappresentano il 52% degli addetti. Tante sono pure le opportunità che l’industria farmaceutica offre all’occupazione giovanile. Secondo i dati Inps, dal 2014 al 2016 gli under 35 nella farmaceutica sono cresciuti del 10% e rappresentano il 55% dell’aumento degli occupati.

Le imprese farmaceutiche italiane sono, inoltre, sempre più impegnate nella ricerca e con 1,5 miliardi di investimenti in ricerca e sviluppo nel 2017 (7% del totale in Italia), l’industria del farmaco in questo settore è terza tra i manifatturieri (dopo mezzi di trasporto e meccanica) e prima sia per quota di imprese innovative sia per rapporto tra spese per innovazione e addetti.

Continua a crescere, quindi, l’Italia del farmaco e traina con sé anche il Mezzogiorno. Le regioni meridionali hanno fatto registrare un vero e proprio boom dell’export di medicinali, che negli ultimi 10 anni ha portato a più che raddoppiare sia il valore delle esportazioni (un risultato migliore della media europea e della stessa Germania) sia la percentuale sul totale dell’industria manifatturiera nel Sud, che è passata da 3,4% a 7,3%.

Rispetto al totale nazionale il Sud rappresenta il 6% dell’occupazione, che ivi si caratterizza per un’elevata qualità e produttività: il valore aggiunto per addetto dell’industria farmaceutica nel Mezzogiorno è più che doppio rispetto al totale dell’economia e in linea con quella dell’industria farmaceutica tra i grandi Paesi europei. Oltre agli investimenti in produzione, sono molto rilevanti quelli in studi clinici nelle strutture dei servizi sanitari nazionali del Sud, delle quali alcune rappresentano vere e proprie eccellenze.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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