È la blockchain la nuova frontiera delle risorse umane?


Articolo
Domenico Salerno

La digitalizzazione ha già da qualche tempo iniziato a rivoluzionare i processi di gestione e selezione del personale. La maggior parte delle grandi imprese ha introdotto nei dipartimenti delle risorse umane strumenti di Data Mining e Business Analytics. Questi permettono ai reclutatori di analizzare una grande quantità di dati per tracciare il profilo dei potenziali candidati e filtrare quelli con le caratteristiche più adatte alla posizione lavorativa.

I dati che vengono presi in considerazione non sono solo quelli che menzioniamo nei nostri curriculum o inseriamo sulle piattaforme aziendali. Sempre più spesso vengono analizzati i nostri comportamenti online, primo fra tutti, l’utilizzo dei social media. Secondo i dati Eurostat infatti, il 47% delle aziende europee ha utilizzato almeno un social media nel 2017 (in Italia la percentuale si ferma al 44%).

In questo contesto sta prendendo piede l’opportunità di usare la blokchain al fine di ottimizzare i processi. La verifica delle credenziali dei candidati è da sempre uno dei momenti più delicati e dispendiosi del processo di selezione del personale. Avere a disposizione uno strumento che metta in condizione i reclutatori di verificare le informazioni presenti nei Cv (almeno quelle più importanti come la formazione, le certificazioni e l’iscrizione agli albi professionali) in maniera semplice e veloce permetterebbe alle aziende di ridurre drasticamente i tempi e i costi delle selezioni.

La blockchain è stata impiegata, negli ultimi tempi, nei settori più disparati. È di pochi giorni fa la notizia che l’Università di Cagliari, seguendo le orme del Massachusetts Institute of Technology, ha iniziato a sfruttare la catena a blocchi per certificare i propri diplomi di laurea (come già riportato da noi in un precedente articolo). E anche la società di informatica del notariato italiano, la Notartel, ha presentato al Forum PA 2018 un registro unico delle professioni basato sulla blockchain che permette la condivisione di informazioni riguardanti le qualifiche degli iscritti alle associazioni di categoria mantenendo la completa autonomia degli ordini professionali per la gestione delle informazioni di loro competenza.

L’utilizzo della catena nelle aziende rappresenterebbe, quindi, un ulteriore sviluppo del sistema e potrebbe non limitarsi esclusivamente al processo di selezione del personale: anche i passaggi successivi come la stesura del contratto e la retribuzione potrebbero essere coinvolti. Si potrebbero, ad esempio, utilizzare gli smart contract (contratti automatici che si attivano al verificarsi di determinate condizioni preimpostate dagli utilizzatori) per erogare i bonus ai dipendenti al raggiungimento di determinati obiettivi. Per ultimo si potrebbe sfruttare la catena per l’erogazione dei salari. Questo è certamente l’aspetto più sviluppato della blockchain: con l’eliminazione degli intermediari finanziari si otterrebbe un risparmio di costi e velocità delle transazioni monetarie.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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