Una più consapevole e mirata lotta alla corruzione in Italia consentirebbe di contrastare meglio la disoccupazione, far risparmiare miliardi di euro allo Stato e aumentare l’afflusso di investimenti per rendere il nostro Paese più competitivo e prospero.
Sono queste le conclusioni dello studio “Italia interrotta: il peso della corruzione sulla crescita economica” realizzato da I-Com (Istituto per la competitività) per Riparte il futuro. Il report, che analizza l’impatto della corruzione sull’economia italiana, è stato presentato a Montecitorio dopo i saluti introduttivi del presidente della Camera Roberto Fico.
All’iniziativa hanno partecipato l’ex presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick, il direttore de Il Fatto Quotidiano Peter Gomez, il direttore di Agi Riccardo Luna, il professore di Economia politica e coordinatore del Master Anticorruzione dell’università di Roma Tor Vergata Gustavo Piga oltre che Stefano da Empoli e Federico Anghelè rispettivamente presidente I-Com e responsabile delle relazioni istituzionali di Riparte il futuro.
Tre gli aspetti su cui si è concentrato il report: la relazione della corruzione con gli investimenti diretti esteri in entrata, con la disoccupazione, in particolare giovanile e infine con la digitalizzazione.
Secondo lo studio i tre aspetti sono fortemente collegati tra loro e influiscono non poco sullo sviluppo economico dell’Italia. “Investimenti esteri e digitalizzazione sono due driver fondamentali per la crescita economica e dunque anche per l’occupazione, a cominciare da quella dei più giovani – ha dichiarato il presidente I-Com, Stefano da Empoli – La corruzione scoraggia sia gli investitori che le startup”.
L’economista si è poi concentrato sui vantaggi che una maggiore digitalizzazione porterebbe al nostro Paese: “È un importante antidoto al malaffare perché rende le relazioni più trasparenti e tracciabili, riducendo quella discrezionalità che nel nostro Paese si trasforma spesso in arbitrio”.
In Italia oggi le competenze digitali sono ancora fortemente limitate. E anche il bilancio sullo sviluppo dei servizi pubblici digitali non è particolarmente positivo, tanto da essere assimilabile a quello dei Paesi dell’Est Europa.
Lo studio ha evidenziato che se i servizi offerti dalle pubbliche amministrazioni migliorassero – dal punto di vista tecnologico – del 10%, la corruzione diminuirebbe del 9,2%. Inoltre se si comparano i dati dell’I-Com Broadband Index (IBI) con l’indice di percezione della corruzione (CPI) si nota che un incremento del 10% nello sviluppo digitale ridurrebbe la corruzione italiana del 14% circa.
Anche gli investimenti esteri vedrebbero un forte incremento come effetto diretto della lotta alla corruzione: i dati del report dimostrano che un aumento del 10% dell’European Quality of government Index – porterebbe a una crescita degli investimenti pari al 18,3%.
E se in Italia la qualità delle Istituzioni migliorasse del 10% si otterrebbe una crescita della presenza di multinazionali pari all’11,6% con un conseguente incremento dell’occupazione, soprattutto giovanile.
Nelle regioni in cui è presente un maggior numero di multinazionali l’occupazione giovanile è più elevata: peraltro secondo lo studio i tassi di occupazione giovanile crescono maggiormente nelle regioni dove è più alta la qualità dell’amministrazione e più basso il livello della corruzione.