È ormai unanimemente riconosciuto il ruolo di primo piano rivestito dai sistemi di istruzione nelle società e nelle economie del XXI secolo. Uno dei principali fattori di progresso sociale e sviluppo economico nel mondo di oggi. Per verificare lo stato del sistema di istruzione italiano nel contesto internazionale, è di grande interesse il rapporto “Education at glance”, diffuso ogni anno dall’Ocse, che prende in esame le scuole e le università dei 35 Paesi membri e di alcuni Stati partner, attraverso un ventaglio estremamente ampio di indicatori: si va dagli input del sistema educativo (ad esempio gli investimenti nella formazione, i salari degli insegnanti, le ore di lezione), agli output (le performance scolastiche, il livello di istruzione acquisito, il benessere sociale ed economico), fino alla partecipazione scolastica (le iscrizioni e i tassi di abbandono). Se guardiamo all’edizione 2018 del rapporto, possiamo trarne indicazioni utili sull’educazione e la formazione in Italia.
Emerge, innanzitutto, come aumentino i giovani in grado di vantare un’istruzione di livello terziario. Se nel 2007 la percentuale di laureati nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni era del 19%, nel 2017 si è attestata al 27%. Tuttavia, permane una notevole distanza rispetto alla media dei Paesi Ocse, che è pari al 44%. Se consideriamo, invece, tutte le persone tra i 25 e i 64 anni, notiamo come la percentuale di coloro che sono in possesso di un titolo di studio di educazione terziaria è del 18%, che può essere suddivisa tra lauree di primo livello (il 4%) e di secondo livello o equivalenti (il 14%). Anche in questo caso, si è molto lontani dalla media che si attesta al 39%. Tra gli ambiti disciplinari, notiamo che gli italiani prediligono economia e giurisprudenza. Entrambi questi settori mostrano il 21% dei laureati tra i 25 e i 64 anni. Seguono le discipline umanistiche con il 18%, che sono anche l’indirizzo maggiormente seguito dagli studenti stranieri (il 26%). Ciononostante, se prendiamo in esame le discipline scientifiche nel loro insieme – tutti quei campi di studio che rientrano nella tipologia STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) – l’Italia presenta il 25% dei laureati nella fascia 25-64 anni. Si tratta di una quota in linea con la media dei Paesi OCSE (pari al 24%), ma inferiore se comparata, ad esempio, alla Germania, lo Stato con la percentuale più alta di laureati in materie scientifiche: ben il 36%.
È evidente, inoltre, un divario significativo nell’ingresso nel mercato del lavoro, che sfavorisce sia i giovani che le donne. Il tasso di occupazione tra i laureati nella fascia 55-64 anni è aumentato dal 65% del 2007 all’85 del 2017. Al contrario, lo stesso tasso per i laureati di età compresa tra i 25 e i 34 anni si è ridotto dal 70% del 2007 al 65 del 2017. È un segnale chiaro che la contrazione dell’occupazione dovuta alla crisi economica ha colpito soprattutto i più giovani, anche quelli forniti di formazione terziaria. Per di più, nella fascia 23-34 anni, si riscontra una disparità consistente nelle possibilità occupazionali tra uomini e donne laureati.
Se, invece, diamo uno sguardo alla formazione secondaria di secondo livello, si verifica che, per l’anno 2016, il 56% degli studenti delle scuole superiori è iscritto a istituti tecnici. La percentuale scende al 43%, se prendiamo in considerazione solo le donne. Si tratta di un divario di genere tra i più rilevanti tra gli Stati Ocse.
Nell’ambito degli input del sistema d’istruzione, altresì, pesa come un macigno il livello della spesa italiana per istruzione, che si qualifica tra le più basse dei Paesi Ocse. Il nostro Paese investe solo il 3,9% del prodotto interno nel sistema di educazione considerato nel suo complesso, dalla scuola primaria ad arrivare alla formazione terziaria. Da questo punto di vista l’Italia si posiziona nelle parte inferiore della classifica Ocse, che invece presenta una media del 5% del PIL. In valore assoluto, il Belpaese spende 8.300 dollari in media per studente, quando la media OCSE ne impegna 9.800.