Dopo la crisi che ha colpito l’Italia dal 2008 si evince un aumento congiunturale dei posti di lavoro (+0,3% nel terzo trimestre 2018), e una diminuzione della disoccupazione (8,1% nel terzo trimestre del 2018). E’ questo uno dei dati del rapporto annuale 2018 sviluppato nell’ambito dell’Accordo quadro tra ministero dello Sviluppo economico, Istat, Inps, Inail e Anpal. Nel nostro Paese il mercato del lavoro mostra una sostanziale tenuta, nonostante le diverse flessioni dell’attività economica. L’occupazione è cresciuta raggiungendo nel secondo trimestre del 2018 il massimo storico di 23,3 milioni di unità. Inoltre, il decennio appena trascorso ha visto un considerevole aumento di contratti a tempo determinato che si arresta dopo aver toccato il valore massimo di oltre 3,1 milioni di occupati. Questi trend sono connessi allo sviluppo del settore terziario e di professioni a bassa qualifica. Gli occupati di oggi sono più istruiti e più “anziani” rispetto al decennio precedente. E’ aumentata la presenza di donne e di stranieri, in particolare nell’ambito alberghiero, della ristorazione e dell’agricoltura. Se si paragona il dato nazionale con quello europeo, si riscontra un gap preoccupante, soprattutto per i posti di lavoro qualificati, nei settori della sanità, nell’istruzione e nella pubblica amministrazione.
I GIOVANI NEL MONDO DEL LAVORO
Risulta evidente che in un contesto di elevata disoccupazione i giovani sono portati ad accettare qualsiasi offerta, in alternativa ad un’assoluta mancanza di lavoro. Grazie all’analisi delle Comunicazioni obbligatorie (che costituiscono il punto di accesso unico per l’invio on-line delle comunicazioni di instaurazione, proroga, trasformazione, cessazione di un rapporto di lavoro, secondo i modelli unificati definiti dal Ministero del Lavoro, da parte di tutti i soggetti obbligati e abilitati), si rileva che i primi ingressi di giovani tra i 15 e i 29 anni nel mercato del lavoro come dipendenti, parasubordinati e in somministrazione sono circa 773 mila nel 2017, circa il 35% del totale. L’età media dei primi lavori è di 22 anni e nel 55% dei casi si tratta di uomini. Inoltre, su 100 primi ingressi oltre 50 sono nel Nord Italia, 20 al Centro e 30 al Sud: di questi 80 sono cittadini italiani e 20 invece stranieri. Il 50% dei giovani viene inizialmente assunto con contratto a tempo determinato, seguito dal 14% con apprendistato e dal 12% con lavoro intermittente. Solo il 9% entra nel mondo del lavoro a tempo indeterminato o in somministrazione, e il 4% con contratto di collaborazione. A un anno dal primo rapporto lavorativo, il 55% di questi risulta avere ancora attivo il contratto. Chi inizia il percorso lavorativo con un contratto di somministrazione ha il 12% in più di possibilità di arrivare ad ottenere un rapporto stabile.
LE AGEVOLAZIONI CONTRIBUTIVE A SOSTEGNO DELL’OCCUPAZIONE
Alcune fonti Inps hanno poi analizzato il peso degli incentivi statali sulle assunzioni e sulle trasformazioni dei rapporti di lavoro e sul relativo monte contributivo, nonché la loro distribuzione tra le aziende. Le agevolazioni statali influiscono sul totale dei contratti di lavoro successivi al primo rapporto e, in particolar modo, sulla loro trasformazione a tempo indeterminato: dal 16% del 2014 al 61 del 2015, per poi scendere a un minimo del 10% nel 2017 per vedere, infine, una lieve risalita al 15 nel 2018. Dal 2015 oltre un terzo delle aziende con dipendenti a tempo indeterminato ha assunto grazie alle agevolazioni che hanno sgravato le imprese di circa il 40% sul monte contributivo medio per dipendente. Il ricorso ai programmi di incentivi è prevalente nelle piccole imprese.
LA CARRIERA LAVORATIVA NEL PERCORSO DI STABILIZZAZIONE
Dalle Comunicazioni obbligatorie delle aziende sono emerse pure le caratteristiche dei lavoratori assunti con contratto di lavoro dipendente, parasubordinato o in somministrazione tra il 2010 e il 2017. Usando un campione di soggetti monitorato per 36 mesi a partire dalla prima attivazione, sono state analizzate la permanenza e la transizione occupazionale dei lavoratori in base alle loro caratteristiche socio-demografiche e a quelle dell’impiego svolto. Il tasso di saturazione è pari al 61,3% degli italiani contro il 48,6% degli extracomunitari. La permanenza è superiore tra le donne e i lavoratori di età compresa tra i 35 e i 54 anni, maggiore nelle regioni del Nordovest d’Italia. In media gli individui con un contratto a tempo indeterminato lavorano circa 80 giornate in più di quelli assunti con il determinato. La percentuale di transizione da contratto temporaneo a permanente è superiore per le classi di età tra i 25 e i 34 anni, soprattutto uomini (si osserva un divario di genere che tende a diminuire con l’aumentare del periodo preso in considerazione, fino ad arrivare al trentaseiesimo mese all’annullamento del gap).
INFORTUNI SUL LAVORO E MALATTIE PROFESSIONALI NEGLI ULTIMI 10 ANNI
Le statistiche dell’Inail sugli infortuni e le malattie professionali contenute nel rapporto annuale, oltre a descrivere il fenomeno, costituiscono una base informativa utile a individuare i campi di intervento delle politiche di prevenzione. Nel 2017 ci sono state 561.000 denunce di infortuni (di cui il 22% nel tragitto casa-lavoro), circa il 35% in meno rispetto al dato del 2008. Le denunce per malattia professionale sono state 58.023, il 3,7% in meno rispetto al 2016. In confronto al 2008 si è assistito a un incremento sostanziale di circa il 90% di denunce. Le malattie riconosciute come professionali interessano per il 60% il sistema osteomuscolare, per il 15% il sistema nervoso e per il 5% i tumori, con differenze significative tra uomini e donne. Ogni anno sono quasi 1.900 i lavoratori deceduti con riconoscimento di malattia professionale, con età media alla morte di 77 anni.