La crisi (infinita) del settore delle costruzioni. La fotografia dell’Ance

Articolo
Giulia Palocci
Costruzioni

Sono state disattese le aspettative di crescita per il 2018 del settore delle costruzioni. A rivelarlo è l’Osservatorio congiunturale dell’Ance, l’associazione aderente a Confindustria che rappresenta gli imprenditori edili italiani. Secondo il rapporto presentato recentemente dal presidente e dal vicepresidente dell’associazione, Gabriele Buia e Rudy Girardi, e dal professore di Economia politica dell’Università di Roma Tor Vergata Gustavo Piga, le incerte dinamiche del settore – causate soprattutto dalla mancata ripresa degli investimenti – e i numeri negativi registrati in questi anni nel comparto delle opere pubbliche hanno compromesso le stime positive preannunciate per il 2018. Percentuali di investimenti positive sono state registrate solo nei settori residenziale e non residenziale privato che tuttavia non si sono rivelate sufficienti per rilanciare l’intero comparto. L’Ance ha stimato per l’anno passato una crescita dell’1,5% degli investimenti in costruzioni in termini reali. Decisamente troppo poco, soprattutto alla luce della devastante crisi degli anni precedenti.

LA PARALISI DEL SISTEMA INFRASTRUTTURALE

Difficoltà che pesano sul sistema Paese nel suo complesso considerato che l’edilizia rappresenta per antonomasia uno dei principali volani economici. Il cui prolungato blocco, certo, ha inciso sul ridimensionamento delle stime di crescita del nostro Paese:
dall’+1,5% ipotizzato nella legge di Bilancio del 2018 si è passati all’ultima previsione della Commissione europea secondo cui il nostro prodotto interno lordo nel 2019 crescerà solo dello 0,2%. Come sottolineato dall’Ance, ai fini di una ripresa consolidata dell’economia è mancato – e continua a mancare – l’apporto fondamentale del settore delle costruzioni che (da solo) rappresenta l’8% del pil italiano. Nonostante gli stanziamenti per le opere pubbliche previsti dal governo abbiano fatto ben sperare gli operatori del settore, la tanto attesa ripresa degli investimenti non c’è stata: basti pensare che nel 2018 sono diminuiti di oltre il 3% rispetto all’anno precedente. Secondo lo studio, negli ultimi 11 anni il settore delle costruzioni nel complesso ha perso quasi 70 miliardi di investimenti. Nello specifico, dal 2008 al 2018, i numeri negativi che hanno interessato il comparto delle costruzioni residenziali (-66,1%, oltre 35 miliardi di euro in meno) e di quelle non residenziali private (-27,3%, 15 miliardi in meno) hanno contribuito a un calo del 35%. In positivo solo la manutenzione abitativa, in cui gli investimenti hanno subito un aumento di circa 8 miliardi di euro. Uno scenario che sicuramente contribuisce all’incessante emorragia di posti di lavoro e alla continua chiusura di piccole e medie imprese italiane. Secondo quanto riportato dalle Casse edili, nei primi 9 mesi del 2018 c’è stata una perdita dello 0,3% dei lavoratori iscritti e dello 0,9 del numero di ore lavorate. Il rapporto stima che siano 620.000 coloro che hanno perso il lavoro dall’inizio della crisi.

L’ANDAMENTO DEL SETTORE PER COMPARTO

Secondo le stime diffuse dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), l’intera produzione nelle costruzioni ha chiuso l’anno con un aumento di quasi un punto percentuale rispetto al 2017. La dinamica tendenzialmente positiva dipende da diversi fattori, tra cui l’andamento favorevole del numero di permessi per costruire sia nel comparto dell’edilizia residenziale che non e la crescita di quasi lo 0,5% delle quantità di cemento consegnate (stima Associazione italiana tecnica economica del cemento – Aitec). Per il 2018 lo studio stima una crescita del 3% per gli investimenti in nuove abitazioni, trainati dall’aumento dei permessi di costruire ritirati e dall’apertura dell’accesso al credito a medio-lungo termine alle imprese. Stesso trend per la riqualificazione del patrimonio abitativo nel quale gli investimenti (da soli) pesano per il 37% del valore totale e hanno registrato un aumento dello 0,5% rispetto al 2017. Ulteriore aumento si registra anche per le costruzioni private non residenziali che sono cresciute del 4,8% nel 2018, complice anche il buon andamento del mercato immobiliare non residenziale.

La crescita degli investimenti nel settore privato non è tuttavia sufficiente a compensare le perdite registrate nel comparto delle opere pubbliche. Lo studio dimostra come le stime formulate solo un anno prima siano state riviste in modo nettamente negativo alla luce delle difficoltà nell’attuazione delle misure previste dal governo: nonostante il graduale aumento degli stanziamenti (da +10,4% nel 2016 a +26,2% nel 2018), solo una piccola parte è stata effettivamente spesa in progetti edilizi.

LE PREVISIONI PER IL 2019

In base alle stime Ance, il 2019 delle imprese edilizie sarebbe dovuto essere un anno di incoraggiante ripresa: i 3 miliardi di euro in più di investimenti nella nuova edilizia residenziale privata e non residenziale – sommati all’1,2 miliardi aggiuntivi per la manutenzione degli edifici e agli 800 milioni in più per le opere pubbliche – avrebbero dovuto portare ad una crescita del 2% del totale delle risorse destinate al settore. Peccato che l’Ance abbia dovuto rivedere in negativo ancora una volta queste stime, a causa del peggioramento delle condizioni economiche del Paese. Stando a quanto riportato nel rapporto, la legge di Bilancio per il 2019 rappresenta un ritorno al passato: si concentra più sulla spesa corrente, finanziata per la maggior parte in deficit, a discapito di una maggiore presenza di spesa in conto capitale, ossia di investimenti. Le attuali previsioni elaborate da Ance prevedono un incremento dell’1,1% della spesa. Più di un miliardo in meno rispetto alle cifre dell’ipotesi iniziale. Per non parlare dello scenario che si prospetta per il 2020. Ancora peggiore. Il presidente Ance Gabriele Buia ha evidenziato gli attuali limiti della macchina pubblica e ha palesato la “necessità assoluta di un patto per il bene sociale e lo sviluppo reale del Paese“. “Per farlo” – ha concluso il numero uno dei costruttori italiani – “è necessario dare il via a una Commissione costituente composta da esperti di alto profilo morale e professionale che con grande senso di responsabilità si mettano subito al lavoro per ridisegnare l’organizzazione del processo decisionale dello Stato. Questa è l’unica sfida che una politica lungimirante, che abbia veramente a cuore gli interessi dei cittadini, deve sapersi porre“.

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