La tecnologia civica al servizio di cittadini e decisori. La versione di Riparte il futuro


Articolo
Eugenia Vitellini

I tempi sono maturi per approvare una regolamentazione sul lobbying attesa da più di 40 anni. Un Paese è più democratico quanto più aperta, plurale e trasparente è l’attività di rappresentanza degli interessi. Basterebbe superare l’idea che il lobbista sia una persona al servizio esclusivo dei “poteri forti”. Questi i temi emersi dal dibattito tenutosi il 12 marzo presso il Centro Studio Americani durante il quale è stato presentato il report dal titolo “Next Lobbying. La tecnologia per decisioni più aperte, democratiche e trasparenti” curato da Riparte il futuro, organizzazione no-profit che si batte contro la corruzione promuovendo la trasparenza e la certezza del diritto. Hanno partecipato, tra gli altri, Federico Anghelè e Gianluca Sgueo, che hanno redatto il rapporto insieme a Mattia Anzaldi e Salvatore Papa.

LA TECNOLOGIA CIVICA AL SERVIZIO DEL SETTORE PUBBLICO

Uno dei punti su cui si è soffermato il report riguarda la possibilità per la tecnologia di contribuire ad aprire il processo decisionale per renderlo più democratico e in grado di rappresentare anche le richieste di gruppi spesso inascoltati. L’obiettivo è permettere alle autorità pubbliche di fare scelte più efficaci, e di aumentare il livello di partecipazione dei cittadini in una fase storica caratterizzata da profonda sfiducia nei confronti delle istituzioni. L’espressione “tecnologia civica” descrive le iniziative promosse dai cittadini che, mirano al miglioramento della qualità dei rapporti con le istituzioni. Un risultato da perseguire attraverso quattro diverse strade: l’attivismo civico, le tecnologie digitali, la partecipazione dei portatori di interessi e la regolazione pubblica. Il fine ultimo è offrire ai cittadini maggiore trasparenza dei processi decisionali e agli attori istituzionali maggiore legittimazione del proprio operato. Dallo studio è emerso che le tecnologie applicate alla vita quotidiana hanno prodotto benefici tangibili, come la drastica riduzione dei costi delle interazioni sociali. Basta considerare che al mondo circa tre miliardi di individui sono in possesso di oltre cinque miliardi di apparecchiature elettroniche con una connessione a internet. La Banca Mondiale – ha sottolineato ancora il report – ha calcolato che ciascun individuo interagisce fisicamente con il proprio cellulare in media 2.600 volte al giorno: le conoscenze e le informazioni, dunque, sono prodotte e scambiate a ritmi velocissimi. Ed e inevitabile una crescita esponenziale delle esigenze di confronto con i rappresentanti di governo.

LE ESPERIENZE DI TECNOLOGIA CIVICA

Le esperienze di tecnologia civica – che il rapporto definisce “trasformiste” – si qualificano per un approccio soggettivo (cioè dai cittadini al governo) e richiedono a chi aderisce un impegno consistente per abbattere i monopoli di potere. L’obiettivo di queste iniziative è la facoltà per la società civile di ottenere “l’esercizio di un potere pubblico più trasparente ed equo”. Un primo esempio è rappresentato da Crowdlaw, un’iniziativa che incentiva la collaborazione dei cittadini (crowd) alla produzione delle norme (law). Esempi di partecipazione tramite piattaforme virtuali si sono avuti in Spagna nel 2016 per l’ideazione di politiche urbane e in Argentina. Anche in Italia, a Torino, è stato sperimentato questo strumento di partecipazione con “DecidiTorino” che raggruppa diverse funzioni: un forum, consultazioni pubbliche e la possibilità di presentare proposte. Di segno opposto è l’esperienza di LawMaker che a differenza di Crowdlaw – che origina dalle pubbliche amministrazioni – si propone di costruire le politiche partendo dal basso. Il servizio più interessante offerto in questo senso è quello di coalition building: gli utenti hanno a disposizione una serie di informazioni utili per trasformare un’idea in una proposta concreta da sottoporre all’attenzione del legislatore. In Francia la piattaforma Parlement et Citoyens sostiene il dibattito online tra cittadini e legislatori pubblici su specifici progetti legislativi e favorisce la consultazione con il parlamentare promotore dell’iniziativa. Ultimo esempio di tecnologia civica da citare è quello di OpenSecrets: nato nel 1996, traccia i finanziamenti erogati dai privati ai politici statunitensi. Oltre alle informazioni della Commissione elettorale federale sul finanziamento delle campagne elettorali, OpenSecrets monitorano anche i “super PAC”, organizzazioni no-profit create per raccogliere finanziamenti elettorali.

GLI STRUMENTI PROPOSTI PER LA REGOLAMENTAZIONE DEL LOBBYING

Riparte il futuro ha proposto strumenti che rappresentano i cardini attorno a cui costruire un’efficace regolamentazione dell’attività di lobbying. La prima proposta è il registro pubblico dei lobbisti che prevede l’iscrizione come requisito vincolante per l’esercizio dell’attività di rappresentanza. Al registro verrebbe affiancato un codice etico di condotta volto a garantire maggiore trasparenza e accessibilità alle informazioni. Inoltre, per assicurare la pubblicità delle relazioni, i decisori dovrebbero tenere un’agenda pubblica per annotare tutti gli appuntamenti con i lobbisti. Ai portatori di interesse iscritti al registro verrebbe quindi garantita la possibilità di essere consultati in modo sistematico e in via prioritaria sui temi di riferimento per fornire contributi utili al dibattito. Ogni legge dovrebbe indicare gli stakeholder interpellati e lo storico degli interventi che hanno reso possibile la consultazione: informazioni fondamentali per far comprendere al cittadino la trasparenza del processo decisionale. Infine, sempre secondo il rapporto di Riparte il futuro, in un contesto così delineato sarebbe opportuno istituire un quadro sanzionatorio per i lobbisti e per i decisori pubblici, con sanzioni economiche e reputazionali per inibire le attività di lobbying “opache”, salvaguardare la pluralità della democrazia e migliorare la qualità delle leggi.

Public Affairs e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata in provincia di Reggio Calabria nel 1991. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Messina nel 2015 e Specializzata in Professioni Legali nel 2017 nella stessa università con una tesi in diritto tributario sulla responsabilità degli amministratori nelle società di grandi dimensioni.

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