La data economy e gli impatti sull’economia. I numeri e le prospettive future


Articolo
Giusy Massaro
data economy

La data economy sta radicalmente trasformando le abitudini socio-economiche delle persone. In un contesto sempre più incentrato su Internet e sull’utilizzo dei device mobili, in cui anche gli oggetti comunicano tra loro mediante tecnologie a elevata sofisticazione e in cui una varietà sempre maggiore di sensori ci consente di misurare e monitorare praticamente ogni cosa, si assiste alla produzione di una quantità di dati senza precedenti. Con inevitabili ripercussioni sull’economia.

Le ultime stime di IDC (International Data Corporation) parlano di una data economy dal valore di oltre 300 miliardi di euro nel 2018, con una crescita del 12% rispetto all’anno precedente e un impatto sul prodotto interno lordo di ben il 2,6%. Tra il 2018 e il 2025, questo valore raddoppierà, fino a toccare quota 680 miliardi di euro, con un tasso medio annuo di crescita intorno al 12,5% nel prossimo biennio e più contenuto dal 2020 in poi, a causa di una crescita economica che, stando alle più recenti previsioni macroeconomiche, dovrebbe subire una battuta d’arresto.

Col passare del tempo, l’impatto diretto della data economy – misurato dai ricavi derivanti dalla vendita di beni e servizi associati all’industria stessa dei dati – andrà via via riducendosi: nel 2025 rappresenterà, infatti, solo il 16% sul totale. Quello legato all’aumento del volume d’affari degli operatori del mercato dei dati e alla crescita economica generata dalle industrie più a valle nella catena del valore, rimane invece significativo e si attesta al 42%, seppur in diminuzione rispetto al livello attuale.

Sempre maggiore rilevanza assume poi l’impatto indotto. Quest’ultimo ha a che fare con le attività economiche aggiuntive che nascono grazie a stipendi migliori pagati nel settore dell’industria dei dati nonché nella sua diretta filiera, che determina un aumento dei consumi a beneficio dell’intera economia. A questa dinamica virtuosa è attribuibile il 42% dell’impatto complessivo sull’economia europea nel 2025.

Purtroppo, la mancanza di competenze adeguate rischia di diventare un’importante barriera allo sviluppo dell’industria dei dati e all’adozione dell’innovazione data-driven. L’indicatore elaborato da IDC – il Data Professional Skill Gap – continua purtroppo a segnalare un significativo squilibrio tra domanda e offerta di data skills. Nel 2018, grazie al forte aumento della domanda di tali competenze (+7%), il gap ha raggiunto, complessivamente a livello Ue, le 571.000 unità, il 7,2% della domanda totale. E non è tutto: le cose sono destinate a peggiorare, raggiungendo 641.000 unità nel 2020 e ben 925.000 nel 2025, pari al 9,2% della domanda, ben al di sopra del 5% comunemente ritenuto fisiologico o, quantomeno, gestibile.

Ciò rende evidente la necessità di un’azione politica decisa, volta a prevenire, o almeno minimizzare, lo squilibrio domanda-offerta di data skills da qui ai prossimi anni.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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