“Avete mai pensato al governo come un gioco?” E’ questa la domanda che il direttore dell’area Istituzioni dell’Istituto per la Competitività e professore di Global Media alla New York University of Florence, Gianluca Sgueo, ha posto alla platea durante il suo discorso in occasione del TEDxBocconiU. I governi e le organizzazioni non governative usano gli strumenti di gamification – ossia l’applicazione dei contesti e delle regole del gioco a situazioni non ludiche, in questo caso alle istituzioni e alla politica – per incoraggiare la partecipazione dei cittadini. Lo stesso Sgueo ne ha parlato nel suo ultimo libro “Ludocrazia. Quando il gioco accorcia le distanze tra governi e cittadini”, edito da Egea e che abbiamo presentato lo scorso dicembre in I-Com (qui le foto dell’evento).
LA GAMIFICATION ARRIVA A SANTA MONICA
“Quando pensiamo al governo, immaginiamo una sorta di impresa cooperativa dove i cittadini collaborano per gestire la propria comunità: in questi casi, il minimo utilizzo dei giochi può far emergere il meglio di ognuno di loro“, ha spiegato Sgueo, che ha poi raccontato il caso di una delle esperienze di gamification di maggiore successo. Nel 2017 la città di Santa Monica è riuscita a coinvolgere i suoi cittadini nella pianificazione urbana attraverso un’iniziativa davvero originale: un’applicazione chiamata “CitySwipe“, costruita sul modello della famosa app Tinder. Scorrendo a destra oppure a sinistra su una serie di immagini, si può esprimere la propria preferenza per l’una o per l’altra foto. “I metodi tradizionali in quella città non avevano attratto i cittadini: le assemblee erano deserte o dominate da quei pochi che avevano tempo o voglia di partecipare. E anche le consultazioni online non avevano registrato un grande successo” ha raccontato ancora Sgueo. La nuova applicazione invece è riuscita a coinvolgere anche la comunità in tutti i suoi componenti.
EVOKE, UNO STRUMENTO A SUPPORTO DELLO SVILUPPO
Un’altra istituzione che ha provato a colmare la distanza tra società civile e settore pubblico è la Banca Mondiale, attraverso il gioco Evoke inventato nel 2007: “Un fumetto in cui i giocatori entrano nel personaggio dell’Evoke network composto dai migliori scienziati e intellettuali al mondo e sono chiamati ad affrontare questioni reali sullo sviluppo della cooperazione. Ogni settimana c’è una nuova missione e devono fare progressi attraverso le tre fasi del gioco: l’ideazione, l’azione e l’immaginazione“. Grazie al videogame è possibile vincere premi come, ad esempio, un viaggio a Washington DC con la possibilità di veder realizzati i progetti migliori. A dimostrazione del fatto – ha sottolineato ancora Sgueo – che “i giochi sono sempre più usati dai governi in quanto strumento privilegiato della comunità locale per interloquire con i decisori pubblici, sia a livello domestico sia a livello sovranazionale. Ai cittadini piace incidere sulle politiche pubbliche, ma soprattutto gli piace farlo in modo non noioso“. Appunto attraverso il gioco.
MA DA DOVE VIENE LA GAMIFICATION?
Sgueo si è poi soffermato sulle origini della gamification e ha sottolineato come non si tratti di un fenomeno esclusivamente moderno. Anche perché il gioco è stato in quest’ottica pure in passato. I politici e le istituzioni lo hanno da sempre utilizzato per rafforzare l’efficienza e la determinazione delle persone. Oppure anche per fini negativi. Si pensi alle esperienze degli antichi romani o, più recentemente, a quelle napoleoniche: “L’utilizzo del gioco rappresenta il futuro. Nel mondo moderno, per la prima volta, i governi stanno guardando agli effetti comportamentali e motivazionali dei giochi“. Uno dei fattori determinanti sono sicuramente la tecnologia e la sua pervasività nella vita di tutti i giorni. Ma spesso – ha avvertito Sgueo – non consideriamo gli effetti che determina sull’esercizio del potere pubblico: in meno di un secolo ha cambiato radicalmente il modo in cui i governi interagiscono con le persone.
IL PARADOSSO DEL GIOCO
“Io vedo il futuro dei governi con un ampio ruolo della gamification“, ha concluso il professore. Che poi ha prospettato due possibili scenari: il primo, “the Western model of gamified government“, è quello che Sgueo preferisce, nonostante non sia esente da rischi. Ovvero gli incentivi (più sono alti e minore sarà la volontà della comunità di collaborare), l’inclusione (in un mondo pervaso dalla tecnologia, il pericolo è che partecipi solo chi è in grado di accedervi) e la privacy (visto che la gamification è intrusiva e i dati a disposizione dei decisori pubblici sono sempre di più).
Il secondo modello è quello che Sgueo chiama “Black mirror” perché fa venire alla mente un episodio dell’omonima serie britannica in cui Lazy è una ragazza ossessionata dal punteggio ricevuto sui social network. E’ ambientato in un mondo in cui avere un buon punteggio equivale ad avere una buona vita. Lazy affronta mille difficoltà e il suo punteggio si abbassa fino a renderle impossibili alcune semplicissime attività, come comprare un biglietto aereo o uscire a cena.