Ecco cosa dobbiamo aspettarci dal Pil nel 2019. Il rapporto annuale Istat


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Eleonora Mazzoni
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La crescita del prodotto interno lordo italiano (Pil) a prezzi costanti (e quindi reale) ha subito un rallentamento rispetto al 2017. Si è passati da una crescita dell’1,7% allo 0,9 del 2018. A rivelarlo è il rapporto annuale 2019 sulla situazione del Paese pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e presentato giovedì 20 giugno nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, a Roma. La 27esima edizione del rapporto ha il proposito di fornire una lettura integrata sia degli aspetti di competitività e crescita sia di quelli relativi al benessere, all’equità e alla sostenibilità che caratterizzano l’Italia negli anni che portano a compimento il secondo decennio del nuovo secolo.

Quello che emerge dallo studio è sicuramente un quadro macroeconomico di luci e ombre che fornisce una serie di spunti rilevanti per la definizione di politiche volte al sostegno di una crescita diffusa del tessuto produttivo del nostro Paese. Sulla performance economica italiana hanno pesato il contributo negativo della domanda estera netta e una significativa decelerazione dei consumi mentre gli investimenti lordi hanno rappresentato la componente più dinamica della domanda, con un contributo positivo alla crescita economica pari a 0,6 punti percentuali.

La performance negativa della domanda estera netta nel 2018 è il sintomo di un rallentamento della dinamica delle esportazioni di beni e servizi in volume superiore a quello registrato dalle importazioni legato soprattutto per la prima componente a fattori esogeni di instabilità del quadro internazionale. In questo contesto la dinamica dei prezzi al consumo è rimasta moderata e inferiore a quella media dell’area euro. Al tempo stesso, l’inflazione di fondo – che ha risentito del rallentamento della fase ciclica e delle incertezze della domanda di consumo – ha registrato un ritmo di crescita più contenuto, pari a circa la metà dell’inflazione totale.

Veniamo al 2019. I dati congiunturali del primo trimestre indicano un lieve recupero del prodotto interno lordo italiano, condizionato questa volta dalla (seppur) moderata crescita dei consumi e delle esportazioni. Eppure, nei primi mesi dell’anno, l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane ha conservato una intonazione negativa, con un timido miglioramento in tutti i settori solo nel mese di maggio. In questo caso l’indice si è rafforzato grazie ai giudizi sugli ordini da un lato e alle attese sui livelli di produzione dall’altro. Nello stesso mese, anche l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha registrato una performance positiva.

Lo studio dell’Istat tuttavia prevede per il 2019 un ulteriore rallentamento della crescita rispetto alla dinamica dell’anno precedente. Si tratta infatti di una percentuale che si aggira intorno allo 0,3. Durante l’anno questa modesta dinamica sarebbe supportata solo dalla domanda interna e, in particolare, dai consumi privati. Mentre ancora una volta si pensa che la decelerazione delle esportazioni e importazioni in volume (legata soprattutto per la prima componente a fattori esogeni internazionali) determinerà un contributo nullo della domanda estera netta. Nel breve termine l’indicatore anticipatore pubblicato mensilmente dall’Istat indica di fatto il proseguimento di una fase di debolezza.

Infine un focus è dedicato alle dinamiche che interessano il quadro macroeconomico e la resilienza del tessuto produttivo (qui il nostro articolo sull’andamento delle imprese italiane nel 2018). L’analisi presentata nel rapporto indica come negli anni della ripresa (2015-2016) il sistema produttivo italiano abbia ricostituito solo in parte la base persa durante la prolungata recessione del 2011-2014. Un nuovo indicatore di “rilevanza sistemica” delle imprese (Iris), segnala l’aumento (in media) della rilevanza sistemica delle aziende che hanno attraversato la crisi. La recessione ha dunque avuto un effetto selettivo, colpendo soprattutto le unità a minore sistemicità.

Direttore Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia Politica presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza, con una tesi sperimentale sulla scomposizione statistica del differenziale salariale tra cittadini stranieri ed italiani.

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