Per le imprese italiane gli investimenti ritornano ai livelli pre-crisi ed è più elevata la cautela nella gestione finanziaria dell’azienda (qui una nostra intervista al presidente dell’Associazione nazionale per l’industria e il terziario Federico Iadicicco). A rivelarlo è l’analisi condotta dal Centro Studi Confindustria e dal Cerved che, sulla base dei dati di bilancio, hanno ricostruito il flusso dei fondi delle imprese manifatturiere italiane in due anni significativi: il 2007 e il 2017. Il primo è utile a fotografare la situazione pre-crisi e il secondo rappresenta l’anno migliore nel percorso di fuori uscita dalla crisi, prima del rallentamento registrato nel 2018.
Oggetto dello studio sono quasi trentamila bilanci, opportunamente riclassificati, pari a circa il 7% delle aziende industriali italiane. Innanzitutto emerge che la redditività operativa, dopo il calo avvertito a partire dal 2008, è tornata ai livelli pre-crisi. Infatti, nel 2017 l’autofinanziamento lordo, cioè le risorse interne derivanti dalla gestione operativa delle imprese, al netto dei costi, rappresentava il 7,9% del fatturato, un valore analogo a quello del 2007 (8%). Allo stesso tempo, si è ridotto il peso delle voci che non rientrano nella gestione operativa: oneri e proventi finanziari, partite straordinarie, distribuzione di dividendi ai soci e imposte hanno costituito nel 2017 il 3,5% del fatturato, in aumento rispetto al 4,4% di dieci anni prima. In particolare, le imprese hanno ridotto il peso degli oneri finanziari (si è passati dall’1,5 allo 0,8%), facilitate dal calo dei tassi di interesse stimolato dalla Banca centrale europea.
In merito alle imposte, nel periodo considerato, dall’indagine emergono diverse modifiche a vantaggio delle imprese: la riduzione dell’aliquota Ires, l’eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile Irap, le agevolazioni fiscali per gli investimenti (il cosiddetto “super ammortamento”), oltre agli sgravi contributivi per i neo-assunti a tempo indeterminato. Inoltre, sono in flessione sia la componente delle rimanenze di magazzino che la gestione del credito e del debito di fornitura.
Le imprese italiane risultano più attente alla gestione non operativa e ad attenuare dilazioni e ritardi nei pagamenti da e per fornitori e clienti. Dall’indagine del Centro Studi Confindustria e del Cerved risulta, inoltre, che nel 2017 le imprese hanno effettuato investimenti fissi e immateriali per il 3,8% del fatturato, poco meno rispetto al 2007, quando erano pari al 4,1%. Tuttavia, se nel 2017 la quota degli investimenti produttivi era pari alle risorse interne disponibili, nel 2007 gli investimenti erano molto superiori alle risorse proprie, con una conseguente necessità di ricorrere a risorse finanziarie esterne. Nel complesso, il saldo netto da finanziare con risorse esterne nel 2017 è stato pari all’1% del fatturato delle imprese, meno della metà rispetto al 2007 (2,5%). Inoltre, i debiti delle imprese verso le banche sono aumentati in misura minore rispetto a un decennio prima (0,5% del fatturato contro l’1,6%).
Lo studio sottolinea una maggiore attenzione delle aziende alla diversificazione delle fonti finanziarie, con un accesso maggiore delle imprese al mercato obbligazionario. Emerge anche una più elevata accumulazione di liquidità che si attestava rispettivamente allo 0,3% nel 2007 e allo 0,8% dieci anni dopo, a dimostrazione di un atteggiamento più cauto adottato dalle imprese. Una riduzione dell’incertezza sarebbe utile a trasferire almeno parte della liquidità accumulata in investimenti produttivi.
Infine, il Centro Studi Confindustria e il Cerved mostrano una netta eterogeneità negli andamenti in base alla dimensione dell’impresa, con quelle micro e piccole maggiormente in difficoltà. Sono caratterizzate da redditività più bassa, investimenti materiali e immateriali più bassi se comparati ai livelli pre-crisi. E ancora maggiore accumulazione di liquidità (a dimostrazione di una più significativa avversione al rischio), ma anche un miglioramento evidente della solidità patrimoniale.