Le imprese italiane credono nella ricerca (ma il pubblico molto meno). I dati Istat


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Giusy Massaro
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Nel 2017 ha sfiorato i 24 miliardi di euro la spesa in ricerca e sviluppo, l’1,38% della ricchezza totale prodotta in Italia. Ad annunciarlo è stato l’Istat attraverso un comunicato stampa diffuso lo scorso lunedì. Notizie positive quindi. A trainare questa voce della spesa sono le imprese: è a queste, infatti, che si deve principalmente l’aumento complessivo registrato nel 2017 (+2,7%), frutto di un +5,3% a opera delle aziende, incremento a sua volta spiegato non tanto da un aumento della spesa di quelle già attive quanto dall’aumento del numero di quelle che hanno cominciato a svolgere attività di ricerca e sviluppo proprio in questo anno.

Le imprese, così, continuano a sostenere gran parte della spesa nazionale in ricerca e sviluppo, rappresentandone il 62,4% (+1,6 punti percentuali rispetto al 2016). Quasi un quarto è a carico delle università, che nel 2017 hanno speso 5,6 miliardi di euro. Un ulteriore 12,3% proviene delle istituzioni pubbliche mentre è ancora marginale il contributo delle private non profit, che con meno di mezzo miliardo di euro contribuiscono per solo l’1,7% al totale.

Ma quali sono le previsioni per il 2018 e il 2019? L’istituto di indagine stima incrementi che possono arrivare fino al 6% per le istituzioni (sia pubbliche che private) mentre più contenuti, ma sempre positivi, saranno quelli per le imprese (+2,8% nel 2018 e +0,8% nell’anno in corso).

Per quanto riguarda le modalità di fundraising, per imprese e istituzioni pubbliche la più importante resta l’autofinanziamento (oltre 4%). Nel complesso, la principale fonte da cui provengono le risorse finanziarie è il settore privato: le imprese e le istituzioni non profit contribuiscono per il 55,2%, una somma che si aggira intorno ai 13 miliardi di euro). Ma aumenta pure il contributo dei finanziatori stranieri (imprese, istituzioni pubbliche o università estere), pari a 2,8 miliardi di euro, ossia l’11,7% del totale.

Secondo l’indagine, la principale destinazione delle risorse finanziarie è la ricerca applicata, che assorbe circa 10 miliardi di euro, il 42,1% del totale a disposizione. Non bisogna sottovalutare tuttavia che le imprese sono orientate maggiormente verso le attività di sviluppo sperimentale. Questa componente è d’altronde quella che registra un aumento in termini relativi, a scapito della ricerca pura e di quella applicata la cui incidenza diminuisce, rispettivamente, di 1 e 1,2 punti percentuali. Solo tra le istituzioni pubbliche si registra un aumento anche della ricerca di base.

Inoltre, l’Istat fa il punto sul numero di addetti che operano nel settore. Il personale impiegato in questo genere di attività nel 2017 risulta in forte aumento. Si parla di oltre 482.000 unità (di cui il 32% donne), ben il 10,9% in più rispetto all’anno precedente. Anche in questo caso, è il comparto delle imprese a far da traino (+20,5%) mentre l’incremento avvenuto nel settore pubblico è residuale e tocca lo 0,7%. Quasi 200.000 addetti sono ricercatori (di cui il 34% donne) il cui numero è aumentato nel 2017, seppur a un tasso inferiore rispetto agli addetti complessivi.

Infine, l’analisi dell’Istat fa il punto sui fondi della pubblica amministrazione destinati alle attività di ricerca e sviluppo: nel 2018 sono stati oltre dieci i miliardi stanziati da amministrazioni centrali, regioni e province autonome, ben il 16,8% in più rispetto al 2017.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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