Investimenti pubblici, regolamentazione, competenze e collaborazione sono i quattro pilastri su cui l’Unione europea dovrebbe basare le politiche legate alle imprese e all’innovazione. O, per lo meno, è quanto sostiene BusinessEurope, la federazione che rappresenta le associazioni industriali di ben trentacinque Paesi europei e di cui fa parte anche la nostra Confindustria. E lo ha fatto con un position paper dal titolo “Research and innovation in the new European political cycle” in cui trovano spazio la puntuale descrizione dei limiti e delle lacune del Vecchio continente ma anche la formulazione di proposte per migliorare la capacità dell’Unione di innovare, di cogliere le opportunità della digitalizzazione e di rafforzare la propria competitività sulla scena mondiale.
COSA FA L’EUROPA PER LA RICERCA E L’INNOVAZIONE?
L’Europa contribuisce per il 20% al totale degli investimenti in ricerca e sviluppo, produce un terzo delle pubblicazioni scientifiche di alta qualità (ne abbiamo parlato in questo articolo) e fa la parte del leone nei principali settori industriali. Ma è indietro su altri fronti: primo fra tutti gli investimenti in ricerca e sviluppo in tutto il continente, che non raggiungono neppure il 3% del prodotto interno lordo. Inoltre, ospita solo trentatré dei cosiddetti Unicorni (ossia le start-up con un valore che supera il miliardo di euro), un numero piuttosto esiguo se comparato con quello americano (151) e cinese (83). Il rapporto sottolinea pure la mancanza di investimenti privati in ricerca, sviluppo e innovazione (RDI) e gravi carenze dal punto di vista delle competenze digitali.
WHAT BUSINESS NEEDS. INVESTIMENTI PUBBLICI E REGOLAMENTAZIONE…
L’innovazione è fatta per l’1% da idee e per il 99% dal duro lavoro, secondo gli analisti di BusinessEurope. E sono proprio le imprese – piccole, medie e grandi – il suo principale motore. Solo nel 2017 hanno contribuito al 66% delle spese totali europee in ricerca e sviluppo. Il 28% delle centotrenta aziende che fanno parte del campione ritiene che gli investimenti pubblici siano fondamentali per attirare quelli privati. Nove imprese su dieci intendono aumentare la percentuale di investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione nei prossimi cinque anni all’interno dell’Unione. E addirittura il 44% di queste li aumenterà almeno del 3%. Spesso troppo rigida e inflessibile, altre volte obsoleta oppure complessa, la regolamentazione è essenziale per favorire un ecosistema idoneo all’innovazione. Perché permette alle imprese di investire e programmare, assicura stabilità e certezza e, almeno in teoria, abbraccia gli interessi di tutti gli stakeholder interessati. Lo conferma anche il 28% degli intervistati, secondo cui la creazione di una regolamentazione unica per tutta l’Europa sarebbe un incentivo a investire di più.
… MA ANCHE COMPETENZA E COLLABORAZIONE
Poi c’è il problema dell’adeguatezza delle competenze. Dal rapporto emerge che dal 2008 a oggi il divario tra queste e il lavoro è cresciuto del 29%. Le cause? Percorsi accademici che non forniscono skills e capacità richieste dalle aziende e la fuga degli investimenti al di fuori del Vecchio continente sono le principali. Infine, lo studio sottolinea la necessità di collaborare attraverso network universitari, centri di ricerca e organizzazioni che si occupano di sviluppo tecnologico. Il 93% delle aziende che hanno partecipato all’indagine ha dichiarato di aver aumentato i propri investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione soprattutto grazie a progetti di collaborazione. I principali partner sono le università (90%) e le organizzazioni che si occupano di ricerca e tecnologie (87%).
LE IMPRESE SUGGERISCONO…
Secondo il paper, la ricerca e lo sviluppo nelle attività tecnologiche sono fondamentali per ridefinire il ruolo del Continente europeo nello scacchiere globale e rendere l’economia dell’Unione competitiva. Soprattutto alla luce dei recenti avvenimenti che hanno visto ben ventiquattro Paesi dotarsi di agenzie specializzate in innovazione a partire dal 2000 in poi: in prima linea la Cina, i cui investimenti industriali in ricerca e sviluppo sono cresciuti di oltre il 20% tra il 2017 e il 2018. Rimangono indietro l’Unione europea e gli Stati Uniti, con investimenti in crescita solo dell’8 e del 9%. Ma cosa fare? Gli analisti di BusinessEurope hanno elaborato trenta raccomandazioni che, se implementate, potrebbero rendere l’Europa attrattiva per gli investimenti. Le proposte vanno dalla concessione di finanziamenti per i programmi dell’Unione europea alla loro gestione, passando per l’istituzione di missioni attraverso cui realizzare azioni concrete. E ancora, dare vita a un framework regolatore che sia favorevole ai cambiamenti tecnologici e includa sia le esigenze dei singoli Stati sia quelle dell’Unione nel suo insieme, coinvolgere i portatori di interesse e gestire correttamente l’accesso ai dati. Suggerimenti arrivano anche per la formazione: sarebbe opportuno procedere con la stesura di linee guida per l’istruzione digitale primaria e secondaria, suscitare l’interesse degli studenti per le discipline Stem (Science, technology, engineering and mathematics), rafforzare la reputazione delle università europee e attrarre lavoratori qualificati dall’estero. Infine, il rapporto indica il rafforzamento della partnership pubblico-privata come corollario dei trenta suggerimenti. In questo senso sarà necessario pure sviluppare una visione condivisa a livello europeo sulle infrastrutture tecnologiche.