Le fragilità dell’economia globale tornano a farsi sentire. Le stime dell’Ocse


Articolo
Eleonora Mazzoni
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Le prospettive globali sono diventate sempre più fragili e incerte. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) la crescita mondiale è destinata a rallentare: in base alle recenti stime, si attesterà al 2,9% nell’anno in corso e al 3% nel 2020. Una situazione allarmante secondo l’organizzazione internazionale: si tratta dei tassi di crescita annuali più deboli dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 e, purtroppo, i rischi al ribasso continuano a salire per tutte le economie del G20.

Ma quali sono le previsioni per l’Italia? Anche in questo caso i tassi di crescita per il 2020 sono stati rivisti (qui un nostro articolo sulle stime di crescita elaborate dall’Istat). L’Ocse stima che il prodotto interno lordo italiano crescerà il prossimo anno dello 0,4%, ossia lo 0,2 in meno rispetto alle previsioni rese note a maggio 2019. Un po’ meglio la situazione dell’intera area euro: nel complesso la crescita è pari all’1%, lo 0,1 in meno rispetto alle previsioni di qualche mese fa. A pesare è anche il rallentamento dell’economia tedesca per la quale si prevede una crescita dello 0,6% nel 2020.

È l’intera prospettiva economica globale che si è fatta via via più fragile, principalmente a causa dei conflitti commerciali internazionali che hanno indebolito la fiducia, la crescita e il mercato del lavoro dell’economia mondiale. Il proseguimento delle restrizioni commerciali e l’incertezza politica potrebbero comportare ulteriori effetti negativi. Inoltre, i dati diffusi indicano un rallentamento delle performance delle attività commerciali, che hanno continuato a indebolirsi. Le preoccupazioni riguardano soprattutto il settore manifatturiero, dove gli indicatori relativi alla produzione e ai nuovi ordinativi dell’industria sono arrivati al livello più basso da sette anni a questa parte. Le tensioni commerciali hanno influito pesantemente sui settori industriali, in particolare nelle economie avanzate, dove la produzione industriale è diminuita nella prima metà del 2019.

Il settore dei servizi invece ha resistito, con migliori condizioni sul mercato del lavoro e un modesto sostegno che deriva dalla politica fiscale alla base dei redditi delle famiglie e della spesa dei consumatori. È improbabile, secondo l’Ocse, che questa dicotomia tra settore industriale e settore dei servizi duri a lungo. La prolungata debolezza nei settori industriali andrebbe peggiorando la domanda di lavoro da parte delle imprese, esercitando una pressione al ribasso sui redditi delle famiglie, sul consumo e pure sulla domanda di servizi.

Direttore Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia Politica presso l’Università degli studi di Roma La Sapienza, con una tesi sperimentale sulla scomposizione statistica del differenziale salariale tra cittadini stranieri ed italiani.

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