L’Italia si conferma anche per il 2018 il primo produttore di farmaci in Europa con un valore pari a 32 miliardi di euro. E ancora, rispetto ai principali mercati europei del farmaco, il nostro è l’unico a mostrare nel periodo che va dal 2009 al 2018 un trend di crescita positivo costante della produzione, con un aumento di 8,8 miliardi di euro del valore dell’output ( ben il 38% in più rispetto al 2009). Dal confronto con gli altri settori della manifattura italiana, emerge anche che l’industria farmaceutica è seconda solo a quella dei mezzi di trasporto per crescita della produzione nello stesso periodo.
Sono questi alcuni dati che emergono dal rapporto dal titolo “L’innovazione della vita. Ricerca, produzione e digitalizzazione nel settore farmaceutico per un modello italiano di successo” condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e curato dal presidente Stefano da Empoli e dal direttore dell’area Innovazione Eleonora Mazzoni. Lo studio è stato presentato a Roma durante un evento al quale hanno partecipato oltre 20 relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle imprese, delle istituzioni, della politica e delle associazioni dei pazienti. Il dibattito si è concentrato sul valore dell’industria farmaceutica e sul suo prezioso contributo all’economia nazionale e alla tutela della salute pubblica.
Lo studio sottolinea inoltre come le imprese farmaceutiche italiane si caratterizzino per una spiccata propensione all’export e come gran parte del loro successo sia imputabile alle performance sui mercati internazionali. Nel 2018 il valore dei medicinali esportati si è attestato a 25,9 miliardi di euro, con una crescita positiva del 125% dal 2009 allo scorso anno, la più alta rispetto ai principali Paesi europei (Germania, Spagna, Francia e Regno Unito). Il settore farmaceutico è, dunque, tra i comparti della manifattura a registrare i più alti tassi di export: i medicinali e i preparati farmaceutici sono, infatti, i primi prodotti esportati dall’Italia, con un flusso nei primi quattro mesi dell’anno in corso pari a 8,8 miliardi di euro.
Gli ottimi risultati conseguiti in termini di produzione ed export hanno avuto riflessi positivi anche sul mercato del lavoro. Tra il 2014 e il 2018 l’industria farmaceutica ha aumentato l’occupazione più di tutti gli altri settori manifatturieri italiani (+8,6%), seguita dall’industria alimentare e dall’industria dei mezzi di trasporto: nel 2018 gli addetti farmaceutici hanno raggiunto le 66.500 unità, un aumento dell’1,7% rispetto al 2017.
Tra tutti questi risultati positivi una nota dolente sono gli investimenti in ricerca e sviluppo, a proposito dei quali l’Italia sconta ancora un gap importante rispetto agli altri paesi dell’Unione europea. I dati elaborati dagli analisti dell’istituto mostrano come nel nostro Paese si investa significativamente meno in termini assoluti: 1,6 miliardi di euro nel 2018. Malgrado ciò, l’andamento degli investimenti registra nel tempo una dinamica positiva, con un aumento pari al 35% negli ultimi dieci anni.
Secondo lo studio, le imprese del farmaco hanno dimostrato di credere, quantomeno nell’ultimo decennio, nelle capacità di sviluppo del sistema industriale italiano e possono ancora portare ulteriore valore aggiunto al Paese, in termini di investimenti e innovazione. Tuttavia, sarebbe un grave errore se la politica le istituzioni dessero per scontata questa attitudine positiva. Tanto più se si considera che la stragrande maggioranza di queste imprese ha carattere multinazionale e una parte consistente è a capitale estero.
A tale scopo, è fondamentale poter contare su una riforma strutturale della governance farmaceutica che affronti le principali criticità che nel corso degli anni hanno messo a dura prova la tenuta del comparto farmaceutico in Italia e che rischiano nel futuro prossimo di invertire la tendenza positiva che il settore è stato in grado di assumere nel tempo. Tra le principali questioni c’è la rimodulazione dei tetti di spesa e il ripiano della spesa farmaceutica. Si ripete da anni ormai che è fondamentale assicurare un adeguato finanziamento alla spesa farmaceutica, rimodulando i tetti, in particolare quello sulla farmaceutica ospedaliera, che fin dall’inizio è apparso palesemente inadeguato. A questo si aggiunge il rifinanziamento dei due fondi per gli innovativi (oncologici e non) e la possibilità di gestire eventuali avanzi, consentendo alle risorse stanziate per il farmaco di rimanere nell’ambito della spesa farmaceutica.
Un altro tema sollevato riguarda la normativa sull’equivalenza terapeutica e il suo impatto sull’innovazione. In particolare, la normativa riduce il tempo di concreta protezione brevettuale portando a una implicita perdita di valore dei brevetti stessi, che potrebbe causare con ogni probabilità un effetto negativo sugli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione da parte delle aziende farmaceutiche.
Infine, altra questione posta all’attenzione è il superamento delle clausole di riservatezza che, se attuato, potrebbe pregiudicare l’equa competizione tra aziende nonché il rapido accesso ai farmaci da parte dei pazienti.