La reputazione non è mai stata così in pericolo. Ecco come tutelarla sul web


Articolo
Giulia Palocci
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Un fenomeno che esiste da tempo, ma che mai come oggi mette a rischio la reputazione di aziende, professionisti e semplici cittadini: si tratta dell’hate speech (o discorso di incitamento all’odio) che, come le fake news, trova il suo habitat ideale in Internet. Facilitato in parte dalle nuove tecnologie digitali, dal venir meno della fisicità nelle relazioni e dall’amplificazione dei messaggi attraverso i social media. Ma cosa può provocare? E come può reagire chi è colpito da minacce e commenti offensivi? Lo abbiamo chiesto a Simona Petrozzi, web reputation specialist, fondatrice di Siro Consulting e presidente di Terziario Donna Confcommercio Roma, che offre assistenza e consulenza a tutte le donne, imprenditrici, aspiranti tali o libere professioniste che necessitano di supporto per muoversi nel mercato del lavoro.

Hate speech, se ne parla sempre più spesso. Perché le aziende (e le persone) devono monitorare la loro reputazione?

La reputazione è sempre esistita ed è un fattore estremamente importante. Prima era solo offline mentre adesso bisogna fare i conti pure con quella sul web. Interagiscono l’una con l’altra, sempre.

E quali sono le conseguenze?

Spesso parliamo di danni davvero ingenti. La lesione della reputazione online è qualcosa che in alcuni casi può essere devastante per l’essere umano. Impatta sulla sua famiglia, e sugli aspetti sociali in generale, e va gestito sotto tutti i punti di vista. Non a caso nel nostro team c’è una psicologa, proprio perché è fondamentale che il cliente sia supportato anche sotto questo aspetto.

In che modo si monitora l’immagine di un cliente?

Alle nostre competenze si affidano principalmente personaggi pubblici come, ad esempio, politici e imprese. Poi siamo noi che, attraverso la rimozione di articoli lesivi laddove possibile (ossia nel momento in cui la vicenda prende una piega favorevole o ci sono elementi su cui puntare), facciamo il resto. Per fare un esempio, svolgiamo al meglio il nostro lavoro quando, nel caso di un processo che ha danneggiato l’immagine di un cliente, arriva l’assoluzione o una svolta positiva del caso.

Usate quindi un approccio integrato?

Assolutamente. Da un lato rimuoviamo legalmente gli articoli lesivi mentre dall’altro aggiungiamo contenuti positivi per far sì che nelle prime pagine dei motori di ricerca appaiano soltanto le notizie corrette. Uso questo termine di proposito: è importante specificare che non si tratta di ripulire la reputazione, ma di ripristinare la correttezza dell’informazione. Ripulire il web è impossibile, è una falsità.

Si sente di dare un consiglio a quelle imprese o persone che oggi sono particolarmente esposte a questa minaccia?

In entrambi i casi consiglio di non trascurare mai la reputazione. E’ importante sapere che comunque, anche se non vogliamo essere presenti online, in realtà poi ci pensano gli altri, ma in modo sbagliato. Tanto vale quindi monitorare e gestire il web. Per le aziende è un asset intangibile e trascurarla potrebbe provocare un effetto boomerang. E lo stesso vale per i liberi professionisti.

In che modo si può fare?

La prima cosa che dico durante i nostri corsi di formazione è di cercare il proprio nome su Google. Si tratta di quello che chiamiamo ego searching. Le persone lo fanno e spesso scoprono cose inaudite. E’ molto importante rendersi conto di come gli altri ci vedono e ci percepiscono. Anche le recensioni sono molto importanti, tanto quanto gli articoli lesivi. Bisogna fare una vera e propria attività di scouting su se stessi. L’importante è farlo il prima possibile.

Lei è anche presidente di Terziario Donna Confcommercio Roma. Qual è il ruolo della donna nel settore terziario? E cosa fate voi per promuoverlo?

Il mio incarico mira a promuovere l’empowerment femminile dal punto di vista professionale e imprenditoriale. In pratica, aiutiamo le donne a fare impresa. Come gruppo ci preoccupiamo di offrire un supporto perché crediamo fortemente che le donne possano dare un grande contributo alla società: sono generatori di prodotto interno lordo, ma è importante anche legiferare e far sì che questo patrimonio imprenditoriale sia messo nelle migliori condizioni. Mi riferisco soprattutto alle politiche di conciliazione. Organizziamo poi molte iniziative. Ad esempio, rilasciamo un bollino a tutte le aziende virtuose che decidono di partecipare al nostro corso sull’etica e il rispetto nei luoghi di lavoro per eliminare ogni forma di discriminazione.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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