La notizia della possibile fusione tra FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e PSA (Peugeot S.A.) ha scosso il mondo dell’automotive e l’economia mondiale. Se le trattative dovessero andare a buon fine, nascerebbe un gigante con vendite annue pari a 8,7 milioni di auto (in tutto il mondo solo tre società possono vantare numeri superiori), un fatturato di 180 miliardi di euro e una capitalizzazione di mercato intorno ai 40 miliardi. L’attuale presidente di FCA, John Elkann, manterrebbe la carica mentre il ruolo di amministratore delegato sarebbe affidato a Carlos Tavares, ora alla guida di PSA.
In termini di mercato, FCA metterebbe a disposizione brand come Fiat, Maserati, Jeep e Alfa Romeo mentre PSA vanta già un’offerta che prevede Peugeot, Citroën e Opel. Inoltre, il colosso italo-americano potrebbe beneficiare delle piattaforme volte allo sviluppo dei modelli di auto ibride, elettrice e a guida autonoma. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, si svilupperebbero sinergie stimate in 3,7 miliardi di euro, con FCA che addirittura potrebbe ottenere risultati positivi nonostante il suo ritardo nella produzione di auto elettriche.
La nuova società avrebbe sede in Olanda e sarebbe quotata nelle borse di Parigi, Milano e New York. Nessun azionista dovrebbe avere voti in assemblea superiori al 30% del totale mentre un periodo di tre anni in cui verrà perfezionata la fusione farà da apripista alla maturazione dei nuovi diritti di doppio voto speciale. Tuttavia, Peugeot dovrebbe poter aumentare la propria partecipazione del 2,5% attraverso l’acquisto di Bpifrance Participations e DongFeng. In ogni caso, il consiglio di amministrazione dovrebbe essere composto da cinque membri di PSA e altrettanti di FCA, oltre che dal Ceo Tavares.
Tra le possibili incognite legate all’esito della fusione ci sono i benefici per gli attori coinvolti, tra cui i lavoratori dei centri di ingegneria e i fornitori. Come sottolinea pure lavoce.info, se le attività ingegneristiche dovessero essere razionalizzate, quelle di progettazione svolte in Francia potrebbero aumentare a discapito di quelle con sede in Italia, dove già nel 2018 si era registrata una riduzione della produzione del 10% rispetto al 2017 (e anche il 2019 non promette nulla di buono). Le conseguenze si riverserebbero anche sui fornitori, ai quali il lavoro ingegneristico è strettamente correlato. D’altra parte, gli stabilimenti di PSA, soprattutto di Opel, dovrebbero essere una garanzia di tenuta per il nostro Paese ma se le vendite non dovessero aumentare, l’operazione produrrà i valori stimati solo con un taglio dei costi.
Oltre all’Europa e all’America, la compagnia avrebbe uno sbocco in Asia. Uno snodo cruciale sarà il rafforzamento in Cina, importante mercato automobilistico attualmente in crisi a causa della guerra commerciale con gli Stati Uniti (anche se in queste settimane si sta andando verso la Fase 1 di una tregua strutturale). Inoltre, sarà importante vedere come si comporteranno i governi a cui fanno riferimento FCA e PSA. In tal senso, è opportuno ricordare che, in occasione delle trattative dello scorso giugno tra la stessa società torinese e Renault, l’esecutivo italiano non ha mostrato forte interesse per l’operazione mentre l’Eliseo ebbe una responsabilità notevole sul fallimento dei negoziati.