Vi spiego come la cultura ha reso la Basilicata la terra del possibile. Parla Ragone


Articolo
Giulia Palocci
Basilicata

E’ la cultura il game changer della Basilicata. Ciò che sembrava impossibile, a tratti quasi irrealizzabile, oggi è realtà. Una regione ricca di risorse e di energia, con lo sguardo rivolto all’innovazione, che aspira ad assumere il ruolo di guida dell’intero Mezzogiorno. E’ anche un luogo di storie che parlano di ritorni e di scommesse vinte. C’è un fattore fondamentale che serve per capire non solo il territorio lucano, ma l’intera area meridionale. Ed è la voglia di riscatto, accompagnata dal desiderio di mettere a disposizione della comunità il proprio talento e le proprie capacità. Al Sud c’è una voglia di innovazione che non ha paragoni secondo Sergio Ragone che, nella sua collana di libri dal titolo “I luoghi ideali” (Editrice UniversoSud), ha percorso un viaggio nei luoghi simbolo della Basilicata. Da Potenza a Matera, passando per la perla nera del Tirreno, Maratea, Ragone ha raccontato il riscatto di una terra che fino a qualche tempo fa era quasi dimenticata e che oggi, invece, attraversa una fase di rilancio da molti punti di vista..

Partiamo dal titolo della collana, “I luoghi ideali“. Quali sono i fattori che rendono la Basilicata un luogo ideale?

In questi anni la Basilicata ha saputo dimostrare che la geografia non è più il destino. Ha dato prova di grandi capacità. Dall’industria energetica, con il giacimento più importante d’Italia, al settore automotive, soprattutto nella città di Melfi. Ma non solo. Penso anche all’industria cinematografica che ha scoperto (o riscoperto) in Basilicata nuovi set e luoghi dove poter girare film per il grande schermo e fiction televisive. Questo intendo quando dico che la geografia non è più un destino: saper stare in questo tempo così acerbo, così complesso, e provare a vincere le sfide della contemporaneità che il mercato globale ci propone. Per me la Basilicata è il luogo ideale perché ha saputo dimostrare di esserlo. E tante cose ancora si possono fare e realizzare. C’è la grande sfida del 5G a Matera, ad esempio, con importanti implicazioni anche in termini di cybersecurity.

Soprattutto in passato ha prevalso la descrizione della Basilicata come una regione dimenticata e arretrata. Lei pensa che ancora oggi sia così?

Il racconto della Basilicata è cambiato anche grazie a Matera, nominata capitale europea della cultura nel 2019. Una città che non ha vinto questo titolo per la sua bellezza – quella che Carlo Levi ha definito “la dolente bellezza” – ma perché ha saputo mettere in campo un progetto fatto di competenze, risorse umane, classi dirigenti, ma soprattutto di energie per poter vincere questa sfida. In Basilicata la storia è diventata un grande appuntamento con il futuro.

Matera, dunque, è riuscita a invertire la rotta?

Il caso di Matera è la dimostrazione che le cose non sono proprio come le hanno raccontate. Per intenderci, non è il riscatto di niente ma il riconoscimento di un percorso che parte da lontano e che ha l’ambizione di arrivare ancora più in là. Se negli anni ’50 con i suoi Sassi era la vergogna d’Italia, come disse il leader del Partito comunista italiano Palmiro Togliatti, circa quarant’anni dopo l’Unesco l’ha dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità. Di lì a poco l’industria dell’automotive si è insediata a Melfi e poi sono arrivate pure quella energetica e quella alimentare. Tutte dimostrazioni del fatto che c’è da un lato una narrazione e dall’altro una realtà. Non tutto il Sud è Gomorra o terra di tardo progresso. Ci sono luoghi invece in cui l’innovazione tecnologica è una pratica quotidiana.

Cosa succederà a partire dal 2020 quando la città non sarà più capitale europea della cultura?

Sicuramente mancherà il budget previsto per le attività. Ma continuerà a essere terra e luogo di produzioni cinematografiche. Che significa dare l’opportunità all’economia del territorio di poter mettere il segno positivo davanti ai propri numeri. Ma non solo: questa stagione piena di energia ha dato anche la possibilità a piccole e medie imprese, ma anche a tanti artigiani, di poter vivere con più serenità e con più entusiasmo le sfide del mercato.

Può farci un esempio?

Penso alle piccole attività artigiane come, ad esempio, la Bottega delle fratte della provincia di Potenza che recupera le antiche tradizioni di lavorazione della pelle e della carta per produrre agende e taccuini venduti in tutto il mondo grazie al digitale. Quello dell’innovazione tecnologica è un terreno al quale nessuno può sottrarsi. Matera 2019 ci ha dato l’opportunità di poter crescere, di poter fare grandi passi in avanti anche in questa direzione.

Nel 2021 Potenza sarà capitale europea dello sport. Possiamo dire che la Basilicata ha attirato l’interesse non solo dell’Italia, ma anche dell’Europa?

Esattamente, è andata proprio così. La regione ha avuto la capacità di crescere e di mettere in campo il meglio che ha. E non ha riguardato solo la cultura, ma anche le associazioni, le singole persone e le realtà più dinamiche come lo sport. Come città europea Potenza si prepara a raccogliere un’eredità importante. Deve essere all’altezza del compito che le è stato affidato. Per me il luogo ideale deve essere il luogo del possibile. Una città che fino a poco tempo fa era nota per terribili fatti di cronaca giudiziaria, oggi si presenta al mondo con un’altra veste. Lo conferma anche la scelta della Rai di stringere un accordo con la regione per celebrare qui il capodanno. E’ la dimostrazione del fatto che qui le cose si possono fare.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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