Edilizia, ecco (forse) la luce in fondo al tunnel della crisi


Articolo
Giulia Palocci
edilizia

Si interrompe la brusca frenata dell’edilizia, con il settore delle costruzioni che forse può salutare la più grande crisi della sua storia. Il mercato si è ridimensionato e il contesto profondamente trasformato. Si tratta di una mini-ripresa che, seppur contenuta, riguarda in particolare la nuova edilizia residenziale e non residenziale, la riqualificazione e le opere pubbliche. Nello specifico, per il 2019 si stima una crescita del 3% degli investimenti totali, destinati a scendere nel 2020 e 2021 quando, secondo le previsioni, si attesteranno rispettivamente al 2,4 e al 2%. A rivelarlo è il XXVII Rapporto congiunturale e previsionale del Cresme, il Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia, che dedica oltre seicento pagine al futuro e alle prospettive del mercato delle costruzioni, con uno sguardo rivolto al periodo che va dal 2020 al 2024.

A trainare la ripresa è il settore delle opere pubbliche. Rispetto alle previsioni di circa un anno fa, il rapporto sottolinea un miglioramento: si stima una crescita del 4,5% nel 2020, del 3,5 nel 2021, fino ad arrivare all’1,5 nel 2024 grazie al rilancio degli investimenti in infrastrutture a livello nazionale e locale. Nello specifico, secondo il rapporto i rinnovi e le manutenzioni straordinarie sono aumentate di quasi dieci punti percentuali mentre il prossimo anno saranno le nuove realizzazioni a spingere in alto gli investimenti, con un aumento di oltre il 7%. Per non dimenticare poi le risorse messe a disposizione dai comuni, dalla Rete ferroviaria italiana nonché dai gestori nazionali e locali delle reti energetiche e idriche.

Secondo l’analisi congiunturale, la crescita delle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili già esistenti continuerà a essere costante, con valori che oscilleranno tra l’1,5 e il 2%. Nel dettaglio le stime elaborate dall’istituto di ricerca prevedono il picco nel 2019, con un aumento del 3%, e un leggero calo negli anni successivi, passando dall’1,8 nel 2020 all’1,7 nel 2021. Ma cosa rende l’andamento di questi interventi costante? Sicuramente la possibilità di accedere agli incentivi fiscali che, solo tra il 2013 e il 2019, hanno favorito oltre 28 miliardi di euro di lavori all’anno. Sono agevolazioni che, però, entrano in contrasto con le politiche di sostegno al rischio sismico oppure con la riqualificazione delle facciate (qui l’articolo di Gaia Del Pup sul tema), a cui è più difficile accedere. Della stessa opinione è il direttore del Cresme, Lorenzo Bellicini, che ha dichiarato: “Sono incentivi importanti che però si cannibalizzano a vicenda, si fanno concorrenzaSarebbe forse più opportuno disporre di un disegno strategico, più che per le costruzioni, per l’ambiente costruito in senso generale“.

E una linea d’azione coerente è necessaria anche se si pensa alle nuove costruzioni. Nonostante il rapporto metta in evidenza numeri con segno positivo pure in questo caso, con una crescita del 3,1% nel 2019, del 3,7 nel 2020 e del 2,6 nel 2021, il livello di produzione resta comunque molto basso. Le dinamiche demografiche, il calo del numero di famiglie e l’emigrazione in aree più attrattive del territorio hanno cambiato il rapporto tra domanda e offerta. In pratica ci ritroveremo, secondo gli analisti dell’istituto, con aree desolate ed edifici abbandonati da un lato, e città ricche di opportunità e con forte crescita economica e demografica dall’altro. “Nei prossimi anni la questione abitativa diventerà una questione di relazione tra luoghi di concentrazione della domanda, per cui servirà nuova produzione edilizia, e luoghi di abbandono“, ha spiegato Bellicini. La soluzione sarà rappresentata dalla manutenzione e dalla riqualificazione delle strutture esistenti. Secondo il direttore del centro studi “la strada del futuro per l’edilizia italiana è, e sarà sempre, quella della qualità e non della quantità“.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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