Continuano ad aumentare i prezzi dei farmaci innovativi, soprattutto nel settore oncologico, dove la necessità è anche quella di garantire l’accesso alle cure nel minor tempo possibile. Un fenomeno, questo, che rende critica la capacità di valutare in maniera congiunta l’efficacia della cura e la sua sostenibilità economica (qui lo studio I-Com sulla produzione farmaceutica in Italia). Per questa ragione sono nati i Managed entry agreements (Mea), ossia accordi negoziali di condivisione del rischio che in Italia sono stabiliti tra l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e la singola azienda farmaceutica. I Mea vengono monitorati e gestiti nell’ambito dei cosiddetti registri dei farmaci sottoposti a monitoraggio istituiti presso l’agenzia. Introdotti nel 2007, hanno lo scopo di verificare l’appropriatezza prescrittiva a seguito dell’autorizzazione di un medicinale per una specifica indicazione terapeutica. Inizialmente i registri coinvolgevano un numero ristretto di aree terapeutiche, oggi, invece, includono ne includono molte. La loro costituzione ha rappresentato una rivoluzione metodologica nelle procedure di definizione della rimborsabilità dei nuovi medicinali da parte del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Il 19 dicembre 2019 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha pubblicato un paper dal titolo “Performance-based managed entry agreements for new medicines in OECD countries and EU member states” che contiene una rassegna dei Mea nei Paesi appartenenti all’organizzazione e di quelli che fanno parte dell’Unione europea, condotta nel biennio 2018-2019. Lo studio propone una tassonomia che classifica gli accordi in due macro-categorie: quelli puramente finanziari, che generalmente mirano solo a gestire l’incertezza dell’impatto sul bilancio di una nuova tecnologia sanitaria, e quelli basati sulle prestazioni, che comportano l’analisi dei dati sulle prestazioni del prodotto in termini di outcome o beneficio clinico atteso dal nuovo farmaco e legano gli effetti di tipo finanziario a questi ultimi risultati.
Secondo l’Ocse, gli accordi a carattere meramente finanziario, ossia quelli di primo tipo, sono attualmente utilizzati, o sono stati utilizzati in passato, in almeno due terzi dei Paesi Ocse e degli Stati membri dell’Ue. Sono molti gli Stati che fanno ricorso anche agli accordi performance based, meno comuni e spesso basati su questioni finanziarie. Queste due categorie possono essere ulteriormente suddivise a seconda che il meccanismo che affronta gli aspetti finanziari dell’accordo sia definito a livello di paziente o di intera popolazione. Sulla base del sondaggio condotto dall’organizzazione, i meccanismi Payment by result (PbR), condotti a livello di paziente, e i cosiddetti Ced (Coverage with Evidence Development), che si basano invece sulla popolazione, permettono l’accesso anticipato a un farmaco o dispositivo medico per un periodo limitato di tempo subordinato alla produzione di ulteriori evidenze e sono i più utilizzati.
È difficile, secondo lo studio, valutare fino a che punto i Mea basati sulle prestazioni per abbiano sinora avuto successo nel raggiungere gli obiettivi sperati. Sono infatti pochi i Paesi che hanno proceduto a una valutazione formale della loro esperienza in questo senso. Peraltro, la riservatezza delle procedure costituisce un limite alla possibilità di condurre valutazioni da parte di soggetti non coinvolti nel processo stesso di valutazione degli esiti.
Le interviste condotte dall’Ocse per la stesura di questo studio, unitamente alla letteratura disponibile, indicano che gli accordi Ced hanno sinora avuto scarsi risultati in termini di capacità nel ridurre l’incertezza sulle prestazioni dei nuovi farmaci immessi in commercio. Alcuni Paesi stanno inoltre modificando l’approccio utilizzato in favore di alternative. Tuttavia esistono alcuni schemi virtuosi, come quello utilizzato dal Drugs fund in Inghilterra. Si tratta di un esempio di schema Ced ben progettato e incorporato a livello nazionale nel processo di Health technology assessment. E’ dotato di chiari criteri per l’immissione in commercio, un periodo limitato di copertura collegato alla definizione dei requisiti per le ulteriori prove da produrre e garanzia di trasparenza relativamente alle parti non commerciali degli accordi.
L’esperienza dei Paesi Ocse e degli Stati membri dell’Unione presenta comunque una serie di buone pratiche che aiutano a riassumere tre obiettivi principali che i Mea di tipo performance based dovrebbero perseguire. Innanzitutto dovrebbero essere utilizzati in modo strategico, solo dove siano effettivamente utili a garantire una migliore allocazione delle risorse, con risultati di risparmio e accesso alle cure che superino i costi di negoziazione e implementazione dell’accordo. In secondo luogo, è necessario adottare un quadro di governance che garantisca la trasparenza del processo di valutazione e che i suoi risultati guidino davvero le decisioni relative alla definizione del prezzo e degli schemi di rimborso, senza tuttavia inficiare la riservatezza delle informazioni commercialmente sensibili. Infine, i Mea basati sulle prestazioni non dovrebbero essere utilizzati quando sono disponibili metodi e mezzi più appropriati per fornire copertura adeguata alle nuove tecnologie sanitarie.