Strategia industriale europea, l’Ue mostra i muscoli a difesa dei campioni nazionali


Articolo
Michele Masulli
Strategia industriale europea

L’Unione europea si attrezza alla competizione globale tra sistemi produttivi. È attesa per marzo l’adozione della strategia industriale europea da parte della Commissione. Si tratta di un passo atteso almeno dal 2014, ossia da quando, con la comunicazione “For a European Industrial Renaissance”, si sottolineava la necessità di dotarsi di un comparto industriale robusto, integrato nelle catene del valore globali, capace di innovare e investire, al fine di creare crescita economica e nuovi posti di lavoro. Recentemente la strategia industriale europea figura tra gli obiettivi fissati dall’European green deal, l’ambizioso piano orientato a far diventare l’Ue la prima area climaticamente neutrale al mondo entro il 2050.

Nella comunicazione diffusa dalla Commissione in merito al patto europeo per la transizione ecologica, ci si impegna a elaborare una strategia industriale in grado di affrontare la duplice sfida della trasformazione verde e del progresso digitale: i sempre più avanzati strumenti dell’innovazione Ict sono fattori determinanti per conseguire gli obiettivi previsti dal Green deal. Sullo stesso piano e con l’obiettivo di ridurre il rischio di rilocalizzazione delle emissioni, c’è la proposta di introdurre un meccanismo di tassazione del carbonio al confine, il fenomeno per cui le imprese attive in settori soggetti a forte concorrenza internazionale potrebbero spostarsi dall’Unione in Paesi terzi dove i vincoli emissivi sono meno stringenti.

Tuttavia, il documento in fase di elaborazione da parte della Commissione non si limiterà a questo aspetto. Al centro delle preoccupazioni degli Stati membri, Francia e Germania in primis, c’è l’esigenza di adeguare la cassetta degli attrezzi della politica industriale europea all’altezza della competizione con Stati Uniti e Cina. Politico Europe, tra le voci giornalistiche e di approfondimento più autorevoli della vita nei palazzi di Bruxelles, racconta quanto sbirciato nelle bozze della strategia finalizzata a immaginare una “politica industriale nuova e assertiva che consentirà all’UE di rimanere un potere economico globale“. In questo ambito, sulla scorta anche della Brexit, non si esita a prendere in esame misure di protezione nei confronti delle imprese continentali. Uscito dall’Ue il Regno Unito, alfiere della libera concorrenza e dei diritti dei consumatori, sembra che la Francia spinga per l’introduzione di misure di contenimento della partecipazione delle aziende asiatiche alle gare d’appalto del Vecchio continente. “Le società giapponesi non dovrebbero poter fare offerte in Europa se un gigante dell’ingegneria come Alstom non può vincere accordi in Giappone”, fanno sapere. In nome della reciprocità commerciale, pertanto, si prevede di introdurre questo strumento di protezione, anche come leva negoziale da utilizzare per aprire i mercati degli appalti nei Paesi terzi.

Sullo sfondo, si intravedono le dispute relative allo stop, decretato lo scorso anno dalla Commissione, alla fusione tra Alstom e Siemens, che avrebbe creato un colosso nel settore ferroviario. Di fronte alle proteste dei governi francese e tedesco, la Commissione, dopo una lunga discussione, aveva avanzato preoccupazioni antitrust e previsto un aumento dei prezzi derivante dalla fusione. Parigi e Berlino ora tornano a chiedere nuove regole di difesa commerciale e promozione su scala più ampia dei propri gioielli nazionali, così da costruire campioni di taglia europea, oltre che di definizione di un contesto regolamentare in cui le piccole e medie imprese siano messe in condizioni migliori per competere nell’economia globale. Dalle bozze nella disponibilità di Politico, inoltre, sembra che la Commissione stia lavorando a uno strumento di contrasto alle sovvenzioni estere. L’obiettivo sarebbe rovesciare l’onere della prova, caricando, ad esempio, gli investitori cinesi o dei Paesi del Golfo dell’obbligo di dimostrare che non beneficiano di sussidi statali se intendono svolgere attività d’impresa nell’Unione. Allo stesso tempo, è previsto maggiore spazio per iniziative di sostegno a settori industriali ritenuti prioritari, quali i veicoli ad alimentazione alternativa, l’idrogeno, la salute, l’Internet of Things e la microelettronica.

Nel complesso, da queste anticipazioni si abbozzano i tratti di una politica industriale europea che, ai capisaldi della libera concorrenza e della tutela dei consumatori, affianca strumenti adeguati a uno scenario in cui il mercato globale viene segnato da guerre tariffarie e politiche di sussidio. Per il testo ufficiale non resta che aspettare marzo.

Ricopre attualmente il ruolo di Direttore dell’area Energia presso l’Istituto per la Competitività (I-Com), dove è stato Research Fellow a partire dal 2017. Laureato in Economia e politica economica presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, successivamente ha conseguito un master in “Export management e sviluppo di progetti internazionali” presso la Business School del Sole24Ore. Attualmente è dottorando di Economia applicata presso il Dipartimento di Economia dell'Università degli Studi di Roma Tre. Si occupa principalmente di scenari energetici e politiche di sviluppo sostenibile, oltre che di politiche industriali e internazionalizzazione di impresa.

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