Ecco di chi si fidano (veramente) gli italiani. Il barometro di Edelman


Articolo
Giulia Palocci
italiani
Credit: mohamed mahmoud hassan

Gli italiani si fidano più delle aziende che del governo. Tanto che gli affiderebbero addirittura la gestione di questioni complesse come, ad esempio, l’impatto dell’automazione sul lavoro, l’uso etico della tecnologia e la formazione sui lavori del futuro. A partire dal 2006 la fiducia nelle imprese è aumentata a un tasso del 17%, fino a raggiungere il 57% degli italiani. Guadagnano 5 punti anche i dipendenti aziendali, favoriti rispetto agli amministratori delegati a cui, però, il 60% della popolazione assegna un ruolo molto importante. Al contrario, scendono i consensi nei confronti del governo. Il 59% degli italiani – in pratica più della metà – non si fida dei suoi rappresentanti. E’ un risultato in linea con la media globale, che si attesta intorno al 46%. Discorso diverso per l’Unione europea, in cui il 54% ripone la sua fiducia (ben 9 punti in più rispetto all’anno precedente) e per le Nazioni Unite, supportate dal 57%, un dato tuttavia di 4 punti al di sotto della media globale.

I dati sono contenuti nel Trust Barometer, l’indagine globale realizzata dall’agenzia di comunicazione Edelman che ha analizzato la fiducia verso aziende, media, governo e Organizzazioni non governative (Ong). Dalla ricerca, giunta alla sua ventesima edizione e condotta in 26 Paesi su un campione di 34.000 persone divise tra particolarmente informate e il resto della popolazione, emerge che il livello di fiducia nel nostro Paese è cresciuto di ben tre punti nell’ultimo anno.

Un miglioramento che tuttavia nasconde una fotografia piena di luci e ombre sull’Italia: è il secondo Paese europeo, dopo l’Olanda, ma si colloca comunque nella parte finale della graduatoria. Ossia tra quelli in cui il livello di sfiducia è più elevato. Tra i Paesi europei, dopo di noi ci sono Germania, Francia e Spagna. Ma anche il Giappone e la Russia. Tra i più fiduciosi, invece, spiccano la Cina, l’India e l’Indonesia, con punteggi che superano di gran lunga la media globale, ferma a 54 punti.

Tra i dati più sorprendenti dell’indagine c’è sicuramente quello emerso sulle questioni economiche. A livello globale, più della metà del campione ritiene che il capitalismo, in realtà, stia facendo più danni che altro. E gli italiani sono della stessa opinione: oltre il 60% degli intervistati crede che il modello capitalistico sia un fattore negativo su scala globale. La pensano come noi, per citarne solo alcuni, anche tailandesi, francesi e cinesi. Tra quelli più ottimisti, invece, ci sono Australia, Canada e Stati Uniti insieme a Corea del Sud, Hong Kong e Giappone. Un pessimismo, quello italiano, che fa da specchio anche alla visione sulle condizioni economiche: il 71% degli intervistati sostiene che da qui a cinque anni il suo tenore di vita rimarrà pressoché invariato. E i numeri non sono confortanti neppure se si guarda alla media globale, da cui si evince che solo il 47% del campione si dichiara positivo per il prossimo quinquennio.

La situazione, tuttavia, è migliorata su diversi fronti rispetto allo scorso anno. Secondo gli analisti che hanno condotto lo studio, la fiducia si basa su due fattori chiave: la competenza e l’etica. Delle quattro istituzioni prese in considerazione, solo le organizzazioni non governative sono viste come etiche. Ma cosa hanno fatto per guadagnarsi questo status? Secondo gli intervistati, sono le uniche a essere orientate allo scopo, hanno una vision, sono oneste e giuste. Proprio per queste ragioni hanno guadagnato ben cinque punti in Italia, dopo che la loro reputazione sembrava danneggiata dall’attacco dei media degli ultimi anni (il loro punteggio era passato da 59 a 44). Siamo ancora nella parte finale della classifica, ma la percentuale di italiani che non si fida di loro è scesa oltre la metà.

L’indagine, inoltre, si concentra sulla fiducia degli italiani nei confronti dei media, che è cresciuta rispetto allo scorso anno e si attesta a 49 punti. Pesano ancora troppo, però, i timori sulla diffusione delle fake news che potrebbero rendere i media strumenti contaminati da notizie inattendibili. La pensa così il 63% degli italiani, contro una media del 67 riscontrata a livello globale, secondo cui ormai i social perdono credibilità a vantaggio dei tradizionali mezzi di comunicazione, cresciuti di ben otto punti nell’ultimo decennio. Si potrebbe trattare di scetticismo nei confronti della tecnologia? Forse sì, dato che il 67% del campione ritiene i progressi in questo settore troppo veloci. Ma ancora più allarmante è la percentuale di coloro che credono che il governo non comprenda le tecnologie emergenti e non sia in grado di riuscire a regolamentarle in modo efficace. Siamo addirittura più scettici dei nostri vicini europei Francia e Germania.

Qui un nostro articolo sulla precedente edizione del Trust Barometer di Edelman.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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