Il digitale è diventato da tempo l’infrastruttura portante dell’intera società moderna: dalle comunicazioni ai pagamenti, dai servizi ai trasporti, tutto passa ormai per i canali digitali. Che si tratti di reti elettroniche, server, computer oppure smartphone e altri device mobili. Nonostante la sua storia e le sue eccellenze, l’Unione europea rischia di rimanere indietro in questa corsa. Per molto tempo nel Vecchio continente ci si è preoccupati soprattutto della proprietà degli operatori di telecomunicazioni attraverso l’istituzione di meccanismi per opporsi alle acquisizioni estere (le famose golden shares, poi ribattezzate golden powers).
Blindare la proprietà dei soggetti in gioco si è però dimostrato velleitario perché a passare in secondo piano è stato lo sviluppo tecnologico. Questo ha portato gli Stati membri a soffrire di fatto di una dipendenza tecnologica da soggetti extra-europei. I servizi digitali si baseranno sempre di più su tecnologie come il cloud computing e il 5G, settori dove l’industria europea è molto indietro rispetto ai principali competitor globali.
Gli Stati Uniti sono leader nello sviluppo di sistemi di cloud e in vari altri livelli della filiera tecnologica, dai microprocessori ai sistemi operativi mentre la Cina è avanti a tutti nello sviluppo dei sistemi infrastrutturali per il 5G. La sovranità tecnologica promossa dalla nuova Commissione della presidente Ursula von der Leyen sembra quindi essere molto lontana e difficilmente raggiungibile in un’economia sempre più globale e digitale.
L’introduzione di limiti all’ingresso di attori stranieri o di vincoli di investimento nel mercato comunitario non sembrano essere comunque una soluzione. Si rischia più che altro di contribuire ad alimentare il deficit di competitività tecnologica dell’Europa. Per recuperare il ritardo che abbiamo nei confronti dei competitor è necessario che gli Stati dell’Unione si adoperino per mettere a fattore comune le proprie risorse.
Tra i limiti riscontrati in Europa c’è proprio l’incapacità di darsi strategie economiche e industriali comuni. A mancare sono sicuramente risorse e competenze adeguate. Per sopperire a questa difficoltà, nel nuovo Bilancio europeo 2021-2027 sono previsti 97,6 miliardi di euro, venti in più rispetto ai 77 miliardi di euro stanziati per Horizon 2020. Il totale si va a sommare alle iniziative di InvestEU, alla quale dovrebbero essere assegnati 15,2 miliardi di euro, e del Digital europe programme. Con un budget complessivo di 9,2 miliardi di euro, quest’ultimo vuole contribuire non solo alla trasformazione digitale delle imprese e delle amministrazioni pubbliche (anche attraverso la creazione di un cloud federato) ma anche a favorire investimenti di frontiera in tecnologie decisive come ad esempio, il calcolo ad alte prestazioni (high-performance computing, HPC), la cybersecurity e l’intelligenza artificiale.