In un interessante articolo del Prof. Rony Hamaui pubblicato su lavoce.info si sottolinea come la crisi economica prodotta dal coronavirus abbia caratteristiche particolari e avvenga in un momento delicato della congiuntura internazionale. Anche per questo richiede un forte coordinamento non solo delle politiche sanitarie, ma di quelle economiche. La crisi che sta nascendo e seguiterà generata dall’epidemia stessa e dalle misure di contenimento dei contagi vede infatti il suo focolare in un numero di paesi straordinariamente ampio, diversificato e con caratteristiche economiche, politiche e sociali molto diverse. Inoltre è una crisi che somma il lato dell’offerta (impossibilità di produrre e rottura della filiera) al lato della domanda (crollo dei viaggi e del turismo e più in generale paura dei consumatori), e vede contemporaneamente una riduzione immediata della globalizzazione del sistema economico. Tutto questo sta accadendo in una fase in cui l’economia mondiale stava già rallentando e in cui le possibilità di manovra da parte delle politiche economiche, monetarie e fiscali, già ampiamente accomodanti risultano limitate. Le risposte degli stati sono invece state scoordinate, disallineate nel tempo ed egoiste. Questo risulta particolarmente evidente all’interno dell’Unione Europea che, lungi dal generare cooperazione e interventi sintonici, ha visto ogni Paese iniziare ad agire tramite opportune misure solo nel momento in cui colpito dall’evidenza dell’aumento dei casi quotidiani di contrazione del virus al suo interno. Un regionalismo differenziato all’ennesima potenza, quello dell’Ue, dove nessuno è sembrato preoccuparsi davvero di agire in un’ottica di sostegno reciproco e cooperazione. Ma non è forse ancora il momento di chiedersi che fine ha fatto l’europeo principio di solidarietà. Ce lo chiederemo quando la nuova crisi economica avrà nuovamente impedito il rispetto dei vincoli finanziari di sostenibilità e il raggiungimento degli obiettivi di medio termine. Ce lo chiederemo quando il rallentamento che era già significativamente in atto anche in Italia, in Germania ed in Francia muterà in una profonda recessione. Probabilmente ci chiederemo troppo tardi, tutti insieme, come fare fronte alla nuova crisi.
Per quanto attualmente e strettamente riguarda le imprese italiane il Centro Studi di Confindustria ci informa, partendo da un’indagine che ha coinvolto oltre 5.500 imprese, che la diffusione del Covid-19 ha avuto un impatto pervasivo sulla loro attività. La diffusione del Covid-19 in Italia ad oggi sta causando soprattutto danni relativi al fatturato delle aziende, come indicato dal 27% dei rispondenti. Più esiguo (6%) il numero dei rispondenti che hanno subito solo effetti legati al danno degli input produttivi, anche risulta che quasi il 20% dei rispondenti abbia sperimentato problemi di entrambi i tipi. Il 17% delle imprese ritiene che i danni siano stati significativi perché implicheranno la riorganizzazione del piano aziendale. C’è circa un 10% delle imprese che già teme di non poter raggiungere gli obiettivi per l’anno in corso se non addirittura di dover ricorrere a ridimensionamenti della struttura aziendale. Data l’elevata incertezza molte imprese non si sentono ancora di poter rispondere. Il 5% dei rispondenti dichiara di aver dovuto già ricorrere all’uso della cassa integrazione ordinaria a seguito della diffusione del Covid-19.Il calo della domanda sembra costituire la preoccupazione più grande ed è legato alla riduzione dei consumi, al rinvio o annullamento di ordini e, per il settore turistico, nella cancellazione delle prenotazioni.
Il dato di fondo che traspare con forza è quello legato alla paura, e all’incertezza che l’alimenta. La maggior parte delle imprese che hanno partecipato al questionario sottolinea la difficoltà nello stimare l’entità dei danni dato che l’esito sia nazionale che internazionale della diffusione del Covid-19 è ancora in corso, le reazioni sono distoniche e le dinamiche di domanda e offerta difficilmente prevedibili ad oggi nel lungo periodo.