Il lockdown di cui al DPCM dello scorso 11 marzo ci consente di valutare il fattore tempo a nostra disposizione. Non solo il valore di quello genericamente descritto, sui social, ma soprattutto le opportunità del nostro tempo. In questo ci viene in soccorso, come consigliato proprio in queste ore da I-Com – leggere un libro al giorno -, il “sistema 2” proposto da Nassim Nicholas Taleb nel suo famoso libro “Il cigno nero”: il sistema cognitivo versus il “sistema 1” blink (battito di ciglia) intuitivo.
È chiaro che, per tirarci fuori da una situazione di crisi, siamo portati a utilizzare il veloce “sistema 1” per evitare di perdere tempo a interrogarci se quello che abbiamo davanti pronto ad attaccarci sia una semplice influenza o una fiera pandemica. Molto spesso, però esso non basta. Come nel caso del Covid-19, appunto. Si pensi a riguardo da un lato, a tutta la catena dei provvedimenti italiani dalla chiusura dei voli da e per la Cina al DPCM di cui in premessa e dall’altro lato, alla scelta – ancora oggi sospesa – tra modello Cina e modello Korea Centers for Disease Control and Prevention (KCDC) per affrontare l’emergenza in atto.
Il lockdown inizia a dare i suoi frutti così come dimostrato da un recentissimo studio di Oxoford che analizza l’efficacia delle richiamate restrizioni del DPCM e il ruolo della struttura demografica della popolazione nell’alto tasso di letalità. Nel grafico che segue possiamo analizzare l’andamento delle due province italiane attualmente più colpite dal coronavirus.
Se è vero che il lockdown inizia a funzionare – qui la mappa italiana per provincia casi totali, casi in terapia intensiva, nuovi casi giornalieri – è altrettanto vero che questo tempo ci consente di prepararci con cognizione al dopo. Le restrizioni – come è ovvio – non saranno sine die e, dunque, vanno analizzate nuove opportunità. Ne cito due: l’Europa e la gestione dei dati.
La prima, quella europea, ha una portata davvero fast: la call europea fast track funding for Covid-19 La Commissione europea chiede alle startup e alle PMI tecnologie e innovazioni che potrebbero aiutare a trattare, testare, monitorare aspetti dell’epidemia di coronavirus da ingaggiare urgentemente al prossimo round di finanziamenti del Consiglio europeo per l’Innovazione. La scadenza per le domande all’acceleratore EIC è alle 17:00 di mercoledì 18 marzo (ora di Bruxelles). Con un budget di 164 milioni di euro, l’iniziativa è articolata secondo un rapporto orizzontale, il che significa che non ci sono priorità tematiche predefinite e i candidati con innovazioni pertinenti al Covid saranno valutati allo stesso modo degli altri candidati. Ciononostante, la Commissione cercherà di accelerare la concessione di sovvenzioni EIC e finanziamenti misti (che combinano sovvenzioni e investimenti azionari) alle innovazioni riguardanti il coronavirus, nonché di facilitare l’accesso ad altri finanziamenti e fonti di investimento.
La seconda ha necessità di maggiore tempo e di deroghe normative. Riguarda l’uso – governance e management – dei dati. Dei nostri dati. Terminerà il lockdown, certo. Ma poi? Comprendere la dinamica di trasmissione dell’infezione e valutare l’efficacia delle misure di controllo è fondamentale per valutare il potenziale di trasmissione in nuove aree ovvero nelle stesse aree con il c.d. effetto double dip, che è il caso limite da scongiurare. In questo riuscire a combinare il nostro lockdown e il secondo pilastro della strategia della KCDC potrebbe essere necessaria la raccolta di informazioni geolocalizzate per il tracciamento dei contatti dei contagiati. Infatti, i potenziali contagiati coreani e i soggetti in trasfert in queste settimane devono scaricare una app la CORONA 100M in cui volontariamente descrivere day by day la propria posizione, eventuali sintomi e contatti tenuti con altri soggetti. Si chiama tecnica del geotracking ed è in fase di utilizzo anche in Israele – tramite lo Shabak – e Singapore.
Da noi questo sistema troverebbe – si potrebbe obiettare – il limite della complessa normativa privacy. Eppure, in questo caso di eccezionalità l’utilizzo dei nostri dati – esclusivamente da parte dei sanitari, rigorosamente medici e ricercatori – lederebbe meno delle chat impazzite su whatsapp di queste ore alla ricerca del “paziente 0” in ogni singolo campanile d’Italia. Ed ancora, l’app coreana non è più né meno dell’auto-segnalazione applicata dalle regioni del Sud Italia per gli esodati lombardi degli ultimi due week end appena trascorsi.
Dunque, l’Italia ha le competenze (attraverso AGID) ed è in grado di tracciare digitalmente usando smart data, app e motori di ricerca – in uno stato di emergenza come quello che stiamo vivendo – i nostri spostamenti e il nostro status fisico. Come espressamente detto dal professore Carlo Alberto Carnevale Maffè, della School of Management della Bocconi: “Senza cambiare i processi di testing e contact tracing a monte, imporre il lockdown al paese è non solo inutile, ma anche dannoso per salute ed economia. Dobbiamo ricominciare da capo, e imparare da chi ha fatto meglio di noi”.
Al decisore pubblico il potere di attivare il sistema 2: cognizione analogica e digitale. Azione rapida, test approfonditi e monitoraggio incessante. Le informazioni non verrebbero sfruttate per imporre la quarantena, ma servirebbero per ricostruire la mappa degli spostamenti degli infettati, monitorare attentamente i casi per trovare i punti in comune che li collegano e impedire l’effetto biglia: una biglia contagiata ne colpisce altre due e così via. Del resto, come ci insegna Carlo M Cipolla nel suo “Il pestifero e contagioso morbo”, dalla cattiva yersinia pestis del 1348 nascono grandi opportunità. In quella pandemia per contrastare la peste i principali Stati dell’Italia settentrionale avevano sviluppato un sistema di sanità pubblica basato su speciali magistrature che combinavano poteri legislativi, giudiziari ed esecutivi (di qui il titolo di magistrature). Nel nostro caso, invece, abbiamo necessità – in pieno lockdown – di una governance e di un management pubblico dei nostri dati e all’altezza della pandemia odierna.