Gli Stati europei a difesa dell’industria nazionale


Articolo
Michele Masulli
Stati europei

L’emergenza economica e finanziaria scatenata dalla pandemia da coronavirus sarà lunga da sconfiggere. E i Paesi europei provano a mobilitarsi per correre ai ripari.

Dal blocco del turismo e lo stop alle compagnie aree al fermo alle attività commerciali, dal crollo dei consumi di diversi beni (si pensi alle auto e alle moto) alla stasi di numerosi settori industriali, passando per le difficoltà della logistica. Si tratta di segnali che disegnano il quadro delle debolezze del sistema produttivo, sia quello rivolto al mercato interno sia quello orientato all’export, purtroppo vittima della debolezza dei mercati internazionali. E quando vengono contabilizzati solo costi e nessun ricavo, la chiusura dei canali di credito e delle garanzie delle banche è un passo conseguente.

Il decreto Cura Italia (ne abbiamo parlato qui), con un’iniezione di 25 miliardi, rappresenta una prima boccata di ossigeno, volta non solo a contrastare l’emergenza del settore sanitario, ma anche la crisi produttiva. Inoltre, fa il paio con misure analoghe assunte nelle ultime ore da Francia, Spagna, Germania e Regno Unito nonché dalle istituzioni europee: centinaia di miliardi di euro per tutelare e ridare fiato all’economia.

Tuttavia, non c’è soltanto il rischio di fallimento d’impresa da scongiurare. Una minaccia più subdola si insinua nel Vecchio continente: nel momento in cui le quotazioni di Borsa di numerose società crollano, queste ultime vengono esposte al pericolo di scalate. In questo senso, l’alto livello di vulnerabilità non riguarda solo le grandi aziende. Si pensi anche alle piccole e medie imprese italiane, veri e propri gioielli del nostro sistema produttivo, attive nei mercati esteri e spesso quotate in Borsa: in pratica, un bottino davvero ghiotto.

E’ di pochi giorni fa l’annuncio dell’Opa da 240 milioni di euro della società giapponese Agc, un gigante da 54.000 dipendenti e 7 miliardi di capitalizzazione del gruppo Mitsubishi, su MolMed, società del biotech italiano, nata come uno spin-off dell’Istituto San Raffaele nel 1996. Sbarcata a Piazza Affari nel 2008, è specializzata nella ricerca di terapie geniche e cellulari per la cura del cancro. Fininvest, primo azionista con una partecipazione societaria del 23,13%, ha già aderito alla proposta giapponese, rendendosi disponibile alla cessione della sua quota. Si evidenzia che dallo scorso gennaio MolMed, a causa delle ripercussioni sui mercati derivanti dal diffondersi del coronavirus, aveva subito un calo in Borsa di oltre il 20%, toccando i valori più bassi da 5 anni a questa parte.

La risposta più netta di fronte ai rischi di scalata viene dal governo francese, che in questi giorni ha messo sul piatto 45 miliardi di euro per riattivare un’economia che viene data in calo dell’1% nel 2020. Se lunedì nel suo messaggio alla nazione il presidente della Repubblica Emmanuel Macron dichiarava “siamo in guerra, una guerra sanitaria”, il ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha, invece, chiarito che ”c’è anche una guerra economica e finanziaria. Sarà dura, sarà violenta e deve mobilitare tutte le nostre forze nazionali, europee e del G-7”, specificando poi che il governo non avrà remore a fare ricorso a “tutti gli strumenti a disposizione”. Il ministro ha fatto cenno alla possibilità di ricapitalizzazioni o di acquisti di partecipazioni. “Posso usare la parola nazionalizzazione, se necessario”, ha affermato.

L’Autorità dei Mercati Finanziari francese (AMF), tenendo conto del calo significativo delle quotazioni, ha disposto per la sessione del 17 marzo il divieto di vendita alla scoperto (poi esteso per un mese) su 92 titoli, tra cui quelli di big dell’indice Cac40 come Axa, Bnp Paribas, Capgemini, Crédit Agricole, Renault e Société générale. Comprese nel provvedimento dell’AMF anche le blue chips di Air France – KLM, che ha annunciato una riduzione delle capacità di volo tra il 70 e il 90% nei prossimi due mesi e per cui i governi francese e dei Paesi Bassi (che detengono ognuno una quota del 14% nell’azionariato) stanno studiando misure di sostegno ad hoc. Sarà attivata anche una garanzia dello Stato del valore di 300 miliardi a sostegno delle imprese in difficoltà, anche con il supporto di Bpifrance, la banca d’investimento francese.

Un intervento più sostenuto degli Stati europei nell’economia, tuttavia, non è da leggere come esclusivamente motivato dall’emergenza in atto. Più volte nei mesi scorsi nella newsletter di I-Com abbiamo evidenziato come, a partire dalla Germania, non ci si faccia remore a rafforzare alcuni strumenti di protezione dell’industria nazionale e come, nel dibattito europeo, si irrobustisca la sensibilità verso la creazione di campioni europei in grado di competere con la taglia adeguata con i player statunitensi e asiatici.

E l’Italia cosa fa per contrastare predatori opportunisti? La Consob, già prima dell’AMF, aveva provveduto a vietare la vendita allo scoperto a Piazza Affari. Divieto poi esteso per tre mesi al fine di bloccare ogni forma di operazione speculativa ribassista e potenziato da un regime di trasparenza rafforzata sulle partecipazioni detenute in 48 società quotate al Mta con capitalizzazione superiore ai 500 milioni di euro e ad azionariato diffuso. Tra queste i grandi nomi dell’impresa italiana: Eni, Enel, Intesa San Paolo, Leonardo, Telecom Italia, Unicredit e molte altre.

Si segnalano, inoltre, le misure di sostegno ad Alitalia e al comparto dell’aviazione in generale, con uno stanziamento di 500 milioni di euro nel decreto Cura Italia. Queste risorse saranno impiegate come compensazione per le imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall’Enac e soprattutto per il salvataggio di Alitalia: viene autorizzata la costituzione di una nuova società interamente controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze o da una società a prevalente partecipazione pubblica. Il presidente del Copasir Raffaele Volpi, dal canto suo, ha lanciato l’allarme a difesa degli interessi economici strategici del Paese, chiedendo di individuare in tempi rapidi strumenti finanziari e legislativi adeguati.

Tra le ipotesi in circolazione quella di costituire una cabina di regia alla Presidenza del Consiglio per condividere informazioni e coordinare decisione per la tutela di asset di rilievo nazionale. Si discute altresì di un maxi scudo contro scalate ostili per le società italiane quotate, esteso al settore finanziario, che tuttavia dovrebbe misurarsi con la legislazione europea. Alcuni prospettano un estensione del golden power a un ampio spettro di settori ritenuti di carattere strategico e l’istituzione di un fondo di ricapitalizzazione delle società rientranti sotto la tutela del golden power, con una funzione centrale svolta da Cassa depositi e prestiti (Cdp) in questo nuovo scenario. Al vaglio del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza dovrebbe esserci pure la possibilità di sospensione fino al 15 aprile della presentazione di istanze alla Presidenza del Consiglio per l’ottenimento del via libera a un’acquisizione societaria.

Si tratta, allo stesso tempo, di contenere l’esplosione del debito pubblico e di metterlo al riparo da movimenti speculativi. Lo spread Btp-Bund ha superato i 320 punti nella giornata di mercoledì per poi crollare dopo l’annuncio da parte della Banca centrale europea del Pandemic Emergency Purchase Programme, il programma di acquisto da 750 miliardi di euro. In questa situazione, può essere opportuno imporre alle agenzie di rating una sospensione dei pareri, come proposto da Milano Finanza.

Ricopre attualmente il ruolo di Direttore dell’area Energia presso l’Istituto per la Competitività (I-Com), dove è stato Research Fellow a partire dal 2017. Laureato in Economia e politica economica presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, successivamente ha conseguito un master in “Export management e sviluppo di progetti internazionali” presso la Business School del Sole24Ore. Attualmente è dottorando di Economia applicata presso il Dipartimento di Economia dell'Università degli Studi di Roma Tre. Si occupa principalmente di scenari energetici e politiche di sviluppo sostenibile, oltre che di politiche industriali e internazionalizzazione di impresa.

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