In tempi non sospetti, il tema delle possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale in campo medico era uno di quelli destinati a dominare l’agenda della Commissione europea. La necessità e l’urgenza che caratterizzano la situazione attuale hanno dato un ulteriore stimolo al settore, e il ricorso all’Ia nella gestione della crisi sta interessando numerosi settori. Come è stata usata fino ad ora e come può essere ulteriormente sfruttata? Come garantirne un uso efficace senza tuttavia minare la protezione dei diritti fondamentali e le libertà dei cittadini?
Il tema del trade off tra la tutela dei diritti dei cittadini e la necessità di imporre misure restrittive al fine di assicurarne la protezione in situazioni di emergenza è da sempre uno dei punti più critici in tutti i manuali di diritto. Misure quali la deroga al diritto alla privacy, alla non discriminazione e alla libertà di movimento di un individuo in nome dell’urgenza della situazione sono realtà con le quali ci si sta confrontando in questi giorni. Tuttavia, il ricorso all’intelligenza artificiale nel contesto della crisi che stiamo sperimentando in Europa potrebbe essere una risorsa per produrre effetti positivi in svariati settori, rendendoli potenzialmente più efficienti e sicuri.
In campo sanitario nel corso dell’emergenza Covid-19 il ricorso all’Ia sta avendo numerose applicazioni, quali il monitoraggio in tempo reale della temperatura corporea, il rilevamento di tratti tipici dell’infezione dalle immagini rilevate dalle Tac polmonari, la disinfezione degli ambienti ospedalieri. Un ruolo importante è quello nelle attività di ricerca di un potenziale vaccino per il coronavirus: in questo caso la tecnologia dell’intelligenza artificiale ridurrebbe in modo decisivo i tempi per l’individuazione delle strutture molecolari del virus, nonostante i tempi per i trial clinici resterebbero tuttavia immutati. Tuttavia, lo sviluppo di vaccini e farmaci in risposta alle emergenze di salute pubblica presenta anche particolari aspetti legali e sfide etiche: nella stragrande maggioranza dei casi infatti i dati sanitari rientrano nella categoria di quelli sensibili, e sono sottoposti dunque ad un regime di tutela stringente. Il GDPR prevede, però, un regime speciale di trattamento dei dati personali nel contesto di un’epidemia riservato alle autorità sanitarie competenti e ai datori di lavoro in conformità con la legislazione nazionale. Ad esempio, quando l’elaborazione è resa necessaria da motivi di sostanziale interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, il consenso dei singoli individui non risulta necessario.
Da un punto di vista logistico, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per tracciare la diffusione della malattia, andando a creare ponti tra i vari sistemi di dati testuali non strutturati messi a disposizione, con l’obiettivo di poter prevedere il numero di potenziali nuovi casi per area ed effettuare valutazioni, calcolo dei rischi e ottimizzazione rispetto alle misure di controllo per la gestione delle nuove emergenze. E ancora, in un contesto di mutamento del mondo del lavoro, in cui molte professioni si sono adattate al lavoro da casa, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per monitorare le attività dei lavoratori nel loro ambiente domestico.
Fanno discutere invece le applicazioni relative alla dimensione del controllo e della sicurezza dei cittadini. Sono di questi giorni le notizie che arrivano dal mondo relative al crescente ricorso da parte dei governi a meccanismi per monitorare gli spostamenti dei cittadini, al fine di limitarli ma anche di prevedere possibili evoluzioni circa le zone più a rischio di diffusione del numero dei contagi. In un contesto di normalità, si tratterebbe di gravi restrizioni alle libertà personali, restrizioni che vanno dall’impossibilità di spostarsi liberamente a violazioni della privacy. Dalla Cina all’Europa, passando per la Russia, si ricorre a meccanismi basati sull’IA come l’uso del riconoscimento facciale per rintracciare persone che non indossano maschere protettive in pubblico, sistemi di rilevamento della febbre, così come l’elaborazione di dati raccolti su piattaforme digitali e reti mobili per rintracciare i movimenti dei cittadini. E ancora il ricorso a droni per monitorare la presenza di assembramenti, violazioni delle misure relative al distanziamento sociale e più in generale per assicurare un monitoraggio continuo del territorio.
Attualmente numerose realtà stanno lavorando su come sviluppare ulteriori applicazioni che possano fornire strumenti accessibili per anticipare ulteriori sviluppi del virus e della crisi generata dalla sua diffusione a livello globale. Resta tuttavia aperto il dibattito relativo alla dimensione dei diritti dei cittadini: si possono sacrificare momentaneamente in nome della necessità e l’urgenza dell’attuale situazione di crisi?