L’Europa nella lotta al coronavirus tra fake news e propaganda


Articolo
Camilla Palla
commissione

Dallo scoppio del coronavirus in Europa sono state numerose le notizie di ogni sorta arrivate nelle case di tutti i cittadini europei attraverso svariate modalità. L’Europa si è trovata a gestire una crisi su più fronti, non solo sanitario ed economico ma anche su quello della comunicazione, in quella che è stata definita una vera e propria “coronavirus propaganda war“.

Le notizie hanno spaziato dal far passare il virus per un’arma biologica voluta dai cinesi, poi dagli americani e infine dai russi. Oppure che il virus non abbia avuto origine in Cina ma sia invece stato creato dagli Stati Uniti in laboratorio. E ancora che la pandemia sia l’esito di un complotto per imporre vaccinazioni di massa. Altre riguardano invece le possibili cure, dai rimedi naturali alla candeggina, dalla presenza di medicinali già disponibili online alla voce relativa a un vaccino già identificato che però non viene messo a disposizione della popolazione. Tutte notizie poi smentite, che però hanno contribuito ad alimentare un’ondata di disinformazione che ha generato comportamenti rischiosi e ondate di allarmismo.

Ma la false narrative che si è maggiormente diffusa in Europa e che ha fatto presa su una retorica già abbastanza radicata è stata quella relativa al fallimento europeo nella gestione della crisi. Nella tardiva, e per alcuni mancata, capacità dell’Unione Europea di fornire un supporto ai suoi Stati membri, soprattutto nei confronti di quelli maggiormente colpiti, primo fra tutti l’Italia. Tale dialettica si fonda sull’accusa rivolta all’Unione di una totale assenza di solidarietà registrata allo scoppio della crisi, una mancata capacità di coordinazione e la miopia nelle prime decisioni assunte.

In effetti non sono mancati comportamenti definiti egoistici dallo stesso presidente del Parlamento europeo David Sassoli: la prima reazione allo scoppio dell’epidemia in molti casi è stata la chiusura dei confini, ancora prima che venisse concordata a livello comunitario la sospensione del trattato di Schengen. E ancora le restrizioni imposte all’esportazione dei dispositivi e dei macchinari medici. Di fronte all’emergenza sanitaria che ha toccato l’Italia prima degli altri Stati europei, non è mancato a livello di opinione pubblica un certo grado di insofferenza nel constatare l’iniziale immobilismo e lontananza dell’Europa e degli altri Stati membri.

Una percezione negativa nei confronti dell’Europa che ha fatto sì che nel corso delle ultime settimane gli aiuti provenienti da altre parti del mondo in termini di personale e materiali sanitari quali mascherine, respiratori polmonari e altri dispositivi medici, ponessero il gigante asiatico in una posizione di vicinanza e solidarietà maggiore rispetto alla stessa Unione europea. Le immagini degli aerei cargo a Pratica di Mare sono solo un esempio della forza della comunicazione e delle reazioni che questa suscita nell’immaginario delle persone.

In questi casi l’obiettivo è duplice: alimentare l’idea di Stato forte e salvatore verso l’interno e operare in termini di soft power a livello internazionale. Al di là del gesto in sé, dunque, il punto fondamentale risiede nelle modalità attraverso le quali questo viene comunicato.

La risposta dell’Europa, sebbene abbia richiesto un tempo più lungo di quello che forse ci si sarebbe aspettati, sta arrivando. Nei giorni scorsi non sono mancati esempi di solidarietà europea sotto forma di aiuti ai Paesi maggiormente colpiti, Italia e Spagna in primis: la Germania ha inviato materiale sanitario e personale medico, e lo stesso hanno fatto la Francia e l’Austria. Dalla Germania è arrivata anche la proposta di attivare la clausola di solidarietà prevista dall’articolo 222 del trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (Tfue), iniziativa anche questa dal forte valore simbolico, che perfettamente si inserisce nella strategia di risposta alla propaganda anti-Ue.

La mancanza di informazione rispetto all’emergenza coronavirus richiede dunque uno sforzo significativo da parte delle istituzioni europee e nazionali. La Commissione ha pubblicato online una pagina comune sulla risposta dell’Europa al coronavirus, in cui è possibile avere accesso a tutte le iniziative messe in campo dall’Unione e consultare tutte le informazioni per sfatare i miti legati all’epidemia. Inoltre l’EEAS (European External Action Service) ha iniziato a pubblicare un report settimanale in cui vengono riportate e spiegate tutte le fake news e le false narratives relative alla pandemia a livello globale.

Un ulteriore supporto alla lotta alle fake news viene fornito dalle piattaforme e dalle tech companies: lo scorso 16 marzo è arrivata la dichiarazione congiunta da parte di giganti quali Facebook, Google, LinkedIn, Microsoft, Twitter e YouTube relativa al loro impegno a collaborare nel contrastare la diffusione di notizie false attraverso l’eliminazione di contenuti mendaci e applicazioni non ufficiali connesse all’emergenza Covid-19 e senza dubbio dando più spazio alle autorità sanitarie su scala internazionale.

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