Un nuovo bilancio europeo per questi tempi di crisi. Cosa vuole fare la Commissione


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Mattia Ceracchi
von der leyen

Il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’Unione dovrà svolgere un ruolo centrale nella ripresa economica e bene ha fatto la Commissione ad annunciare una revisione della sua proposta originaria per tenere in considerazione l’impatto della crisi in corso e l’entità delle sfide future – si legge nelle conclusioni dell’Eurogruppo di giovedì 9 aprile, dedicato alla risposta economica europea alla pandemia di Covid-19. L’intenzione della Commissione di rivedere la proposta sul QFP era stata d’altro canto già resa pubblica la scorsa settimana dalla presidente Ursula von der Leyen, che aveva avanzato la proposta evocativa di un “piano Marshall per l’Europa” con al centro – per l’appunto – un “nuovo e forte bilancio dell’Ue”.

Ma cos’è il QFP e come potrebbe rivestire un ruolo centrale nella risposta europea alla crisi del Covid-19? Il Quadro Finanziario Pluriennale è il bilancio a lungo termine dell’Unione, lo strumento di programmazione politico-finanziaria che per un periodo di sette anni ne fissa i limiti di spesa – nel suo complesso e nei diversi settori di attività (politica agricola comune, politica di coesione, ricerca e innovazione, sicurezza e difesa, ecc.) – e ne determina i criteri generali per la ripartizione dei fondi. La proposta per il QFP 2021-2027, presentata quasi due anni fa (maggio 2018) dalla Commissione, aveva previsto uno stanziamento complessivo di 1279,4 miliardi, pari all’1,11% del reddito nazionale lordo (RNL) dei 27 stati membri dell’Unione Europea: una cifra certamente significativa in valore assoluto, ma relativamente contenuta se rapportata alle dimensioni dei bilanci pubblici dei singoli paesi.

Dalla proposta iniziale della Commissione, i negoziati hanno fatto pochissimi passi avanti. Va ricordato comunque, a questo proposito, che il negoziato è reso particolarmente complesso dalla procedura di approvazione: il QFP è infatti adottato dal Consiglio dell’Ue all’unanimità – serve il consenso di tutti gli Stati membri – dopo il via libera del Parlamento europeo, che deve limitarsi ad approvare o respingere “in blocco” l’accordo raggiunto dai paesi membri senza la possibilità di emendarlo. L’ultimo compromesso proposto dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel al vertice straordinario dei leader Ue di febbraio è naufragato a causa delle forti spaccature interne al Consiglio, diviso tra i Paesi cosiddetti rugali (Austria, Danimarca, Finlandia e Olanda) – sostenitori di un bilancio limitato all’1% del RNL dell’Unione – e i 17 Paesi “amici della coesione (tra cui l’Italia) – favorevoli, seppur con diverse sfumature, a un bilancio più ambizioso.

Tutto questo prima dello scoppio della crisi: la Commissione ora si prepara ad aggiornare (dovrebbe farlo il prossimo 29 Aprile) la propria proposta iniziale. Il progetto – ha dichiarato il Commissario al bilancio Johannes Hahn al Financial Times – dovrebbe prevedere l’innalzamento temporaneo del tetto delle risorse proprie fissato dal QFP 2021-27, dall’1,29% del RNL dell’UE proposto inizialmente fino a un massimo del 2% per i primi quattro anni di bilancio. Tale margine (ricordiamo che la proposta di maggio 2018 fissava invece il limite di spesa all’1,11%) consentirebbe alla Commissione di raccogliere denaro sui mercati finanziari a tassi d’interesse limitati (in maniera simile a quanto stabilito per l’istituzione del fondo anti-disoccupazione Sure) e utilizzarlo per sostenere gli Stati Membri nella ripresa economica: potrebbero essere così mobilitati, secondo i primi calcoli dell’esecutivo UE, investimenti fino a 1500 miliardi di euro per i primi tre anni di QFP.

Siamo alle battute iniziali di una partita che si giocherà nei prossimi mesi (in gran parte sotto il semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell’Ue) e che – nell’ambito della risposta economica europea alla crisi – rimane solo un tassello di un quadro più ampio. Restano innanzitutto da vedere i dettagli della nuova proposta della Commissione una volta che sarà messa nero su bianco a fine mese e la relazione che il nuovo bilancio dovrà avere con il nuovo Recovery Fund annunciato il 9 aprile dall’Eurogruppo (un passaggio decisivo in questo senso sarà il prossimo Consiglio europeo).

Per il momento, l’evocazione del piano Marshall può senz’altro essere utile a von der Leyen per trasmettere la portata della sfida che attende l’Europa, ma il confronto tra il piano straordinario finanziato dagli Stati Uniti per sostenere la ripresa europea nel secondo dopoguerra e un bilancio europeo molto limitato nella sua dotazione, dedicato in gran parte al finanziamento di programmi esistenti e troppo legato a vecchie logiche di ripartizione dei fondi, rimane decisamente fuori luogo.

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