L’impatto del lockdown sui consumi in Italia. L’allarme di Confcommercio


Articolo
Giulia Palocci
consumi

Sono scesi del 31,7% i consumi degli italiani nel mese di marzo e per il primo trimestre dell’anno si stima una riduzione del 10,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. Un crollo determinato in particolar modo dal rallentamento registrato nei primi dieci giorni del mese e dalla caduta repentina della curva della domanda. Sono questi alcuni numeri diffusi da Confcommercio e contenuti nell’analisi congiunturale del mese di aprile, che scatta una fotografia degli effetti del lockdown decretato dal governo per contenere l’epidemia da coronavirus.

A soffrire di più è il settore dei servizi, soprattutto quelli relativi al tempo libero. Gli analisti di Confcommercio stimano una diminuzione di quasi il 48% nel mese di marzo e del 16,8 nel primo trimestre dell’anno. Addirittura in molti casi sono stati rilevati numeri molto vicini all’azzeramento totale della domanda: le vendite effettuate nei primi giorni del mese, quando gran parte delle attività continuavano a essere aperte, l’e-commerce e le consegne a domicilio non sono stati evidentemente sufficienti a calmierare gli effetti del lockdown.

Siamo in presenza di dati inediti, specialmente se pensiamo alle variazioni negative in doppia cifra che purtroppo riguardano diversi settori da sempre motore dell’economia italiana: secondo l’indagine, sono stati ben il 95% in meno gli stranieri in visita nel nostro Paese (ne abbiamo parlato qui), l’82% in meno le immatricolazioni di auto da parte dei privati e il 68 in meno i consumi di bar e ristoranti, nonostante i servizi di delivery. A sconcertare di più, però, è il dato registrato per il settore dell’abbigliamento e delle calzature: la perdita stimata è del 100% per la maggior parte delle imprese, in pratica quelle che non sono ancora presenti sulle piattaforme digitali.

Ci sono settori, invece, che nonostante il lockdown hanno continuato a registrare nelle ultime settimane numeri positivi. Si tratta di un andamento strettamente correlato da un lato alla possibilità di continuare a svolgere la propria attività, dall’altro alle esigenze specifiche delle famiglie in questi giorni. I risultati migliori sono senza dubbio quelli del comparto alimentare. Il consumo di cibo e bevande è aumentato del 9,6% solo nel mese di marzo e si prevede una variazione tendenziale di oltre il 6% nel primo trimestre del 2020. Un aumento, questo, che l’indagine attribuisce anche all’esigenza delle famiglie di sostituire, in un modo o nell’altro, i pasti che prima erano consumati al di fuori delle mura domestiche. Subito dopo, aumentano pure la fruizione dei servizi per la comunicazione, il cui utilizzo è cresciuto lo scorso mese dell’8%, e la vendita di beni e servizi per la cura della persona, nello specifico prodotti farmaceutici e terapeutici, che è aumentata di 4 punti percentuali.

Lo studio si concentra anche sulla crescita del prodotto interno lordo alla luce delle recenti disposizioni del governo e del peggioramento delle condizioni economiche avvenuto nell’ultimo mese. Al netto dei fattori stagionali, Confcommercio stima una flessione congiunturale del Pil del -6,1%, portando a una decrescita del 13% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. “Nel complesso del primo trimestre – si legge nel rapporto – il Pil è stimato ridursi del 3,4% rispetto all’ultimo quarto e del 3,5% nel confronto sul trimestre corrispondente del 2019“.

E le stime non sono promettenti anche per il resto dell’anno. Secondo la confederazione che rappresenta negozianti, turismo e servizi, si fa sempre più realistica l’ipotesi di riapertura del Paese in autunno. Se così fosse, allora, assisteremmo a “una riduzione dei consumi di oltre 52 miliardi e a un calo del Pil di circa il 3%“. I settori più colpiti saranno soprattutto quello degli alberghi e della ristorazione, i cui consumi scenderanno di oltre 20 miliardi di euro, quello dei trasporti e dell’acquisto di autoveicoli che chiuderà l’anno con 16 miliardi in meno, la cultura e il tempo libero con una perdita di più di 8 miliardi e, infine, l’abbigliamento con le vendite che scenderanno di circa 6 miliardi.

Serve liquidità immediata senza burocrazia, integrando le garanzie dello Stato con indennizzi e contributi a fondo perduto“, ha dichiarato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, facendosi portavoce delle richieste della confederazione. Il Paese dovrà ripartire in sicurezza e la ripresa dovrà essere pensata e pianificata molto scrupolosamente. Ma le misure adottate fino a ora non sono sufficienti. Almeno secondo i ricercatori di Confcommercio. Che suggeriscono di “affiancare a questi provvedimenti una serie di indennizzi proporzionali alle perdite (al netto delle imposte potenzialmente dovute) subite dagli imprenditori e dai lavoratori“. Senza una modifica del piano in tal senso, prosegue lo studio, “si corre il rischio che l’eccezionale liquidità non sarà realmente domandata, almeno dai soggetti più deboli, lasciando ferite permanenti nel tessuto produttivo e rendendo meno vivace la ripartenza“.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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