Tra innovazione e competenze le società di consulenza tengono i motori accesi. Parla Morelli (presidente Assoconsult)


Articolo
Giulia Palocci
consulenza

Trasformazione digitale e valorizzazione delle competenze sono alcuni dei valori principali che abbiamo riscoperto nell’emergenza sanitaria, economica e sociale che stiamo vivendo. E c’è un settore in particolare che sembra averne colto più di altri l’importanza: si tratta del mondo della consulenza, un comparto che rappresenta un volume di affari che si aggira intorno ai 5 miliardi di euro. Con oltre 40.000 addetti ad alta professionalità, comprende grandi organizzazioni, ma anche piccole e medie imprese, che sono poi la dorsale dell’economia italiana. Ma come sta vivendo l’attuale emergenza che da mesi tiene con il fiato sospeso il mondo intero? E quali sono le soluzioni che il settore propone per la ripartenza? Ne abbiamo parlato con Marco Valerio Morelli, presidente di Assoconsult, l’associazione di Confindustria che rappresenta alcune delle più importanti società di consulenza.

Presidente Morelli, quello della consulenza è un settore che ultimamente ha registrato una forte crescita. Perché?

Si tratta di un settore che solo negli ultimi cinque anni è cresciuto in media tra l’8 e il 9%, quindi molto più velocemente del nostro Paese. Tuttavia, è ancora oggi sottoutilizzato, soprattutto se si pensa agli investimenti che altri Paesi, come ad esempio Inghilterra, Germania, Francia e Spagna, realizzano nell’intera filiera. Le società di consulenza affiancano le aziende in tre grandi fasi: nelle trasformazioni, nelle ristrutturazioni e nei processi di innovazione. Sono quindi un grande motore di accelerazione e aiutano le imprese a fare scelte coraggiose. Se, rispetto ad altre economie che crescono molto più di noi, investiamo poco in consulenza, è forse perché in Italia non ci sono poi tanti programmi di trasformazione e innovazione. E questo è un importante indicatore.

Quali sono stati, secondo lei, i principali driver di crescita?

Sono fondamentalmente tre. Innanzitutto il processo di digitalizzazione, guidato soprattutto dalle aziende più grandi. In secondo luogo, c’è il tema della gestione del rischio e poi l’elemento del benchmark, ossia il confronto con le altre realtà. Questi tre elementi hanno guidato in maniera rilevante la crescita del management consulting, non solo nell’ultimo anno, insieme pure alla valorizzazione del capitale umano. Al contrario, è ancora stagnante la domanda da parte della pubblica amministrazione.

Come ha reagito il settore all’emergenza coronavirus? 

Lo smart working e il lavoro da remoto sono dentro le nostre normali corde, in pratica fanno parte del nostro Dna. Un po’ perché la consulenza lavora per progetti, in team, e un po’ perché siamo tutti super digitalizzati. Bisogna poi aggiungere che, proprio per cultura, il tempo e lo spazio per noi non sono vincoli. Da questo punto di vista, quindi, il settore non ha avuto alcun tipo di problema, anzi. Dal giorno due della crisi abbiamo continuato a svolgere le nostre attività.

E come immagina la ripartenza?

Come tutta l’economia italiana, il settore è dentro la crisi e quindi reagisce esattamente allo stesso modo: le grandi aziende tengono, le medie cominciano a vedere contrazione mentre le piccole sono in difficoltà. Ma si tratta di un settore che riparte più velocemente rispetto ad altre realtà. Ha una tale flessibilità e una capacità di reazione che nel momento in cui ci sarà formalmente una riapertura delle varie filiere industriali, la nostra domanda di servizi riprenderà e velocemente tornerà più o meno ai livelli ante crisi.

Quanto incide l’elemento dimensionale in tal senso?

E’ logico che la risposta sarà più veloce nel caso di grandi organizzazioni e più lenta per le più piccole dell’industria. Mi aspetto fenomeni di concentrazione e che molte piccole aziende potranno, purtroppo, ritrovarsi a dover chiudere i battenti. Anche se, essendo basate sul capitale umano (che poi è il valore assoluto del settore), basterebbe reinventare se stessi ripensando a quale sia il nuovo bisogno del cliente. Per noi che abbiamo la flessibilità e l’adattabilità alla base, è facile ritrasformarci. Mi aspetto, quindi, una capacità di reazione migliore rispetto ad altre industrie.

A proposito di ripartenza, come Assoconsult avete di recente diffuso un documento con sette punti da cui ogni impresa dovrebbe ripartire. Di cosa si tratta?

Sono i sette macro-bisogni che il mondo delle aziende chiederà alla consulenza. Alcune hanno iniziato già da ora. Il primo punto è incentrato sul tema della business continuity: le aziende dovranno cambiare alcuni modelli di servizio e di gestione con clienti, fornitori e con il personale. Il secondo punto è la totale digitalizzazione dei processi, su cui prima dell’emergenza Covid-19 c’erano molte resistenze. Invece, la realtà ci ha dimostrato che sta funzionando e molte aziende si interrogano sul suo funzionamento anche una volta superata la crisi. Naturalmente c’è bisogno di un’operazione di upskilling e reskilling, un ripensamento, cioè, delle competenze tecniche richieste alle persone in cui la consulenza può dare un grande contributo.

Anche il quarto e il quinto punto si riferiscono a processi radicali. Quali sono?

Il quarto tema è quello della ristrutturazione aziendale. E’ impensabile che con il 9% di caduta del Pil non ci siano ripercussioni sui ricavi e sui margini delle imprese. Per questo alcune di esse stanno già immaginando programmi di ristrutturazione che includono proprio il ripensamento del proprio modo di fare business. Come pure stanno rivedendo i loro piani per il futuro. Tutti stanno ripianificando, e questo è il quinto punto.

Ci sono, poi, gli ultimi due punti, che voi chiamate “soft”. In cosa consistono?

Sono la necessità di un nuovo modello di leadership e di un cambiamento nel comportamento delle persone. I leader del futuro prossimo saranno diversi da quelli del passato, più comunicativi, più attenti e ingaggianti, perché diverse saranno proprio le sfide che dovranno affrontare. Ma allo stesso tempo deve cambiare anche il comportamento di tutti noi.

Quali pensa che saranno le ripercussioni dal punto di vista economico?

Quest’anno il tasso di crescita non sarà come quello degli anni precedenti. Probabilmente il numero davanti sarà negativo, di quanto dipenderà da quale tipo di spinta la ripartenza produrrà. Dal mio punto di vista sarà un anno piatto per l’industria. Con un unico punto di attenzione: se la ripartenza sarà forte, allora la domanda di servizi di consulenza, per definizione, lo sarà altrettanto.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

Nessun Articolo da visualizzare

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.