Smart working, l’opinione dei lavoratori (tra pregi e difetti)


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Domenico Salerno
smart working

La pandemia di Covid-19 non ha cambiato soltanto le nostre abitudini quotidiane ma anche il nostro modo di approcciarci al mondo del lavoro. Dall’inizio della fase di lockdown migliaia di aziende e di amministrazioni pubbliche hanno deciso di fare ricorso a metodi di lavoro agile per portare avanti l’attività senza mettere a rischio i propri collaboratori. Secondo l’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, durante la quarantena sono stati circa 2 milioni gli italiani che hanno lavorato da casa. L’istituto stima che tra settore pubblico e privato i lavoratori che presteranno il loro servizio a distanza andranno dai 6 agli 8 milioni.

La situazione non sembra comunque dispiacere particolarmente agli italiani: secondo uno studio dell’Osservatorio Nomisma-Crif dal titolo “Lockdown – Come e perché sta cambiando le nostre vite”, il 56% dei dipendenti che hanno avuto accesso a questa tipologia di lavoro vorrebbe continuare a poterne usufruire anche una volta superata l’emergenza. Gli intervistati hanno affermato che il lavoro da casa permette di conciliare meglio lavoro e famiglia con effetti positivi sull’inquinamento e sul traffico. D’altro canto molti di loro non erano attrezzati a lavorare a distanza. Secondo quanto emerso dallo studio il 18% dei lavoratori che hanno avuto accesso allo smart working ha dovuto acquistare un computer o un tablet essendone sprovvisto.

A pesare ulteriormente sui lavoratori è intervenuto un aumento notevole dei prezzi di questi dispositivi. Secondo uno studio di BrandToday, durante la fase di lockdown c’è stato un incremento del 9,8% del costo dei computer e del 24,2% di quello delle stampanti. L’aumento è da imputare principalmente alla crescita notevole e repentina della domanda che, insieme a un drastico calo dei prodotti provenienti dalla Cina, ha portato a un’importante riduzione delle scorte. Le insidie del lavoro agile non si limitano però solo all’aspetto economico. Secondo una ricerca condotta da LinkedIn, il 48% dei dipendenti che hanno avuto accesso allo smart working ha affermato di lavorare almeno un’ora in più al giorno rispetto a quanto faceva in precedenza mentre il 46% ha dichiarato di sentirsi più stressato dal proprio impiego.

Nonostante questi punti oscuri il nostro governo vede nel lavoro a distanza ancora un importante strumento a sostegno delle famiglie. Nell’ultima bozza del cosiddetto decreto Rilancio viene riconosciuto ai lavoratori dipendenti del settore privato, che abbiano almeno un figlio con meno di 14 anni, il diritto di richiedere l’accesso al lavoro agile a condizione che nel nucleo familiare l’altro genitore non sia beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, o che non sia disoccupato.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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1 commento

  1. Molto interessante, lo smart working è uno dei pochi lati positivi derivanti dall’emergenza sanitaria che ha portato alla necessità di trovare soluzioni innovative per migliorare il lavoro tradizionale

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