Agroalimentare, l’Italia regge (nonostante il coronavirus). L’indagine firmata Confagricoltura


Articolo
Giulia Palocci
confagricoltura

Nonostante la diffusione dell’epidemia da Covid-19 abbia bloccato per oltre due mesi il sistema produttivo italiano (e non solo), le esportazioni di prodotti agricoli e alimentari del nostro Paese al di fuori dei confini dell’Unione europea continuano a crescere. A rendere noto questo bilancio è l’ufficio studi di Confagricoltura che, attraverso un’elaborazione dei dati dell’Agenzia delle Dogane, è riuscito a stimare una crescita del 3,7% dell’export extra-Ue nei primi quattro mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Un bilancio complessivamente confortante“, si legge nell’indagine, ma non per tutti i settori è andata allo stesso modo.

Gli aumenti più importanti sono stati registrati nel comparto degli ortaggi e delle carni, le cui esportazioni sono cresciute rispettivamente del 30 e 25%. Seguono prodotti da forno, frutta, ortaggi trasformati, salumi, il cui aumento si aggira intorno al 15%, e l’olio d’oliva (+11%) e il riso (+10%). Al contrario, ci sono settori che hanno subito sensibili flessioni: dai fiori e le piante (-25%) alle paste alimentari (-14%), passando per la frutta (-9%) e le carni conservate (-8%).

Nello specifico, l’indagine prosegue con il confronto dei dati di ciascun mese del primo quadrimestre del 2019 e del 2020 da cui emerge una crescita sostanziale delle esportazioni di vini e spumanti, aumentate del 24%, e di formaggi e latticini, che hanno segnato un balzo del 60%. Un trend tuttavia invertito nei tre mesi seguenti, al contrario di ciò che è accaduto per i cereali e l’olio d’oliva. A scendere è stato pure il volume di export per le paste alimentari: “Dopo i primi tre mesi di forte crescita, in aprile hanno registrato una flessione del 48%“.

La conclusione dell’ufficio studi di Confagricoltura è che “siamo di fronte a un contesto del tutto anomalo, in grande, costante, modificazione, dove, almeno per il momento, non è possibile reperire tendenze ragionevolmente consolidate“. E non devono sorprendere i dati molti positivi del mese di gennaio che hanno riguardato alcune tipologie di merci: l’aumento del 24% delle esportazioni di vini e spumanti, a cui è seguito un calo nei mesi successivi, ad esempio, si spiega con la chiusura (o la riduzione di frequentazione) di ristoranti, bar e alberghi.

Ugualmente spiegabile” – continua la ricerca – “è la forte contrazione della domanda di fiori e piante, visto il carattere prevalentemente voluttuario di questi consumi in presenza di diffuse difficoltà economiche delle famiglie“. E lo stesso può dirsi “dell’incremento della domanda di prodotti da forno (panetteria, pasticceria) per confortare il lungo tempo trascorso in casa per contenere i rischi di contagio“. Al contrario, rimane ancora oggi un’incognita la costante crescita delle esportazioni di ortaggi e l’altrettanto costante riduzione di quelle della frutta.

Per concludere, alcuni numeri del 2019. Secondo Confagricoltura, il valore delle esportazioni italiane dei settori agricolo e alimentare è stato complessivamente di 44,6 miliardi di euro: nello specifico, 6,8 miliardi hanno riguardato i prodotti agricoli, che hanno rappresentato il 15% del totale, mentre 37,8 i prodotti dell’industria alimentare, con un peso dell’85%. Ma quanto valgono le esportazioni verso i Paesi extra-Ue? Oltre 16 miliardi di euro, pari al 37% del totale. Il principale acquirente (non appartenente all’Unione europea) dei prodotti agricoli italiani è la Svizzera, che compra dal nostro Paese un volume di beni pari a 326 milioni di euro (il 23,1% del totale). Seguono, poi, gli Emirati Arabi Uniti, che acquistano il 7,3% del totale, e gli Stati Uniti, subito dopo con il 7,2%. Che sono poi anche il primo Paese importatore dei nostri prodotti dell’industria alimentare. Al secondo e terzo posto, invece, ci sono il Giappone e la Svizzera.

EXPORT, LA CHIAVE PER RIDARE FIATO ALLE IMPRESE ITALIANE

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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