Di fronte alla crisi in corso, l’Italia, come gli altri maggiori Paesi europei, ha messo in campo una risposta senza precedenti. Ma come sta andando con gli strumenti a sostegno della liquidità introdotti dal governo? I cittadini e le imprese in quale misura vi stanno facendo ricorso? Per rispondere a questa domanda è opportuno dare un’occhiata alla rilevazione settimanale effettuata dalla task force che si occupa dell’attuazione delle disposizioni a supporto della liquidità adottate dal governo di cui fanno parte il ministero dell’Economia e delle Finanze, quello dello Sviluppo Economico, Banca d’Italia, l’Associazione bancaria italiana, Mediocredito Centrale e Sace. Da questo aggionramento emerge un quadro di massiccio utilizzo da parte di imprese piccole e grandi e delle famiglie delle possibilità di ottenere prestiti e garanzie agevolate dallo Stato, termometro delle gravi difficoltà che il settore privato sta soffrendo. Si segnala altresì una crescente capacità da parte dei soggetti adibiti di verificare le richieste pervenute e di erogare quanto domandato, nonostante alcune disparità e superando alcuni ostacoli che hanno comportato ritardi iniziali.
Nello specifico, dalla Banca d’Italia, che rileva settimanalmente i dati riguardanti l’attuazione delle misure contenute nei decreti legge “Cura Italia” e “Liquidità”, le iniziative di categoria e quelle che vengono offerte bilateralmente dalle singole banche ai propri clienti, risulta che, al 22 maggio, siano pervenute più di 2,4 milioni di domande o comunicazioni di moratoria sui prestiti, per un volume totale che supera i 260 miliardi di euro. Si stima che l’85% dell’importo complessivo delle domande o comunicazioni relative alle moratorie sia stato accolto dalla banche (seppure con differenze tra le varie misure considerate), mentre il 2% è stato rigettato. La parte restante è in corso di valutazione. Guardando più in dettaglio, si evidenzia che il 46% delle domande sia stato avanzato da società non finanziarie, per un totale di 176 miliardi. Le richieste ai sensi dell’articolo 56 del “Cura Italia”, riguardante le piccole e medie imprese, sono state 1,2 milioni, a fronte di prestiti e linee di credito per 149 miliardi. Se consideriamo, invece, la moratoria promossa dall’ABI, si contano 44.000 adesioni per quasi 8 miliardi di finanziamenti alle PMI. Ѐ consistente è la richiesta di accesso alla liquidità anche da parte delle famiglie.
In questo senso le domande di prestiti ammontano a 79 miliardi di euro, mentre sono quasi 150.000 le richieste di accesso al Fondo Gasparrini per la sospensione delle rate del mutuo sulla prima casa, per un importo medio sugli 89.000 euro. Le moratorie ABI e Assofin rivolte alle famiglia per ora superano i 13 miliardi di prestiti per quasi 320.000 adesioni. Sono notevoli anche le richieste di garanzie. La task force stima che le domande di accesso al Fondo Centrale di Garanzia pervenute agli intermediari abbiano superato le 720.000 domande, a fronte di finanziamenti per quasi 44 miliardi. Sembra che anche l’erogazione dei prestiti proceda a tassi crescenti, facendo pensare che le ragioni dei ritardi nelle erogazioni registratisi nelle prime settimane siano in via di superamento. Al 22 maggio era stata erogata la metà circa delle domande per prestiti fino a 25.000, che il Fondo garantisce per intero. Il Mise e Mediocredito Centrale, inoltre, stimano che il Fondo di Garanzia, tra il 17 marzo e il 2 giugno, abbia ricevuto 484.000 richieste di garanzia per i finanziamenti a favore di imprese, artigiani, autonomi e professionisti, per un valore complessivo che supera i 22,5 miliardi di euro. Di questi, 9 miliardi di euro (relativi a 440.000 domande) riguardano finanziamenti fino a 25.000 uro, che vengono coperti al 100% e che possono essere erogati senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del Gestore.
In ultimo, è utile verificare il ricorso alla “Garanzia Italia” offerta da SACE, che tanto ha fatto discutere l’opinione pubblica a riguardo della richiesta di potervi accedere da parte di FCA Italy. I volumi di garanzie che rientrano in questo nuovo strumento introdotto dal decreto Liquidità sono in crescita e toccano quasi i 420 milioni di euro, mentre le richieste di garanzie emesse sono 47. Tuttavia, le operazioni potenziali di finanziamento che sono in fase di valutazione e istruttoria da parte della banche accreditate (oltre 200) sono circa 250 per un valore complessivo di 18,5 miliardi di euro. Ricordiamo che la dotazione di “Garanzia Italia” arriva a ben 200 miliardi di euro.
Se la possibilità di accedere ai prestiti e alle garanzie fornite dai nuovi strumenti immaginati per fronteggiare la crisi Covid-19 viene ampiamente sfruttata, continua il dibattito pubblico sul ruolo attivo dello Stato nelle aziende maggiormente colpite, in particolare sulla ricapitalizzazione pubblica delle grandi imprese. Nell’ultima settimana si sono registrati pareri autorevoli e discordanti da parte di personalità che rivestono compiti di governo o l’hanno fatto in passato. Dal ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri, che dalle colonne del Foglio ha definito “incomprensibili e sbagliate” le polemiche sullo Stato azionista. Incomprensibili in riferimento alle piccole e medie imprese, poiché il Governo si limita a incentivare la ricapitalizzazione e la crescita dimensionale. Per le grandi imprese, invece, per il ministro si tratta non di esercitare un potere di controllo, ma di supporto alla capitalizzazione e agli investimenti. Infine, per le aziende operative nei settori strategici, per Gualtieri lo Stato può svolgere una funzione di stabilizzazione e di investitore paziente. Il titolare del Mef ha anche anticipato che nel decreto Semplificazione si metterà mano al diritto societario per rendere più appetibile per le grandi imprese straniere portare la loro sede in Italia e si continuerà a favorire la capitalizzazione delle imprese.
Di parere simile è l’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi che in un’intervista al Corriere della Sera ha definito necessario, seppure in via temporanea, pensare a una partecipazione di minoranza dello Stato, tramite Cdp, nelle imprese strategiche, anche al fine di difenderle da mire straniere. “Non è statalismo: basta guardare a quello che fanno i francesi. Difendere gli interessi nazionali non è un affare da sovranisti”, ha ammonito.
Sempre sul Foglio, invece, l’ex ministro del bilancio e della programmazione economica della Democrazia Cristiana Paolo Cirino Pomicino ha puntato l’indice sulla carenza di cultura industriale pubblica e sui pericoli di uno Stato imprenditore privo di visione e capacità decisionali, in relazione ai dossier caldi del momento: Ilva, Alitalia e Autostrade.
Insofferente verso l’ampliamento del perimetro dello Stato è infine la nuova guida di Confindustria, Carlo Bonomi, che già a inizio maggio aveva dichiarato al Corsera:” “Lo Stato faccia il regolatore, stimoli gli investimenti, rilanci con più risorse il piano Industria 4.0. Ma si fermi lì. Non abbiamo bisogno di uno Stato imprenditore, ne conosciamo fin troppo bene i difetti”.