Nei primi mesi del 2020, circa 26 milioni di italiani hanno usufruito di almeno un servizio video on demand su abbonamento (Subscription Video on Demand, Svod). È quanto emerge da una ricerca di Bva-Doxa e dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano (qui l’articolo del Sole 24 Ore). Il lockdown ha rivoluzionato le abitudini degli utenti nella fruizione dei media: in particolare, si è registrato un significativo trend di crescita nella scelta di contenuti proposti dai cataloghi on demand (+5 punti percentuali) a fronte di una minore propensione allo zapping. Nell’ultimo periodo, inoltre, il 20% degli utenti ha usufruito contemporaneamente di tre o più sottoscrizioni a questo tipo di servizi video, sebbene solo il 12% intenda mantenere attivo l’abbonamento a più di due piattaforme in futuro.
La pandemia ha dunque impresso un’accelerazione positiva a un mercato che era già in forte crescita. Secondo un rapporto di ITMedia Consulting pubblicato lo scorso gennaio, nel 2018 si è registrata un’importante espansione dei servizi video on demand in Europa. Nelle stime elaborate prima dell’avvento del Covid-19, si prevedeva che il mercato avrebbe superato i 10 miliardi di euro di ricavi nel 2022, grazie alla spinta del 5G, all’entrata di nuovi operatori globali e al consolidamento del settore attraverso fusioni, acquisizioni e alleanze strategiche tra le major hollywoodiane (come Disney, Fox, Warner e Universal) e i principali operatori di televisivi.
Netflix rimane leader globale del settore, detenendo un quota di mercato superiore al 50% dei ricavi da servizi su abbonamento Svod. Nata nel 1997 come alternativa a Blockbuster, all’epoca colosso dell’home entertainment, l’azienda di Los Gatos ha affiancato al noleggio dei film su supporto fisico una propria piattaforma di streaming nel 2007 e trasmesso la sua prima produzione originale (la serie televisiva House of Cards) nel 2013. Le ragioni del successo di Netflix, oggi presente in 190 Paesi, si fondano sulla capacità di coniugare a un prezzo competitivo (peraltro in assenza di pubblicità) un’offerta variegata, in grado di soddisfare i gusti eterogenei degli utenti, e una qualità elevata tanto del servizio streaming (alta definizione, adattabilità a tutti i dispositivi, stabilità) quanto dei contenuti (le produzioni originali vantano spesso di regia e cast di eccellenza).
Un’altra caratteristica essenziale del modello di business di Netflix è la strategia di “glocalizzazione”, ovvero la produzione di contenuti peculiari per i diversi mercati geografici in cui l’azienda opera, collaborando anche con gli studios e le maestranze locali, e la successiva distribuzione internazionale di tali prodotti. Ne sono un esempio la serie tv spagnola La Casa de Papel e quella tedesca Dark. Infine, Netflix è leader anche nelle strategie di promozione e comunicazione online, generando coinvolgimento del pubblico sia prima che dopo l’uscita dei suoi contenuti con un tono informale e di volta in volta adattato al Paese e al social network di destinazione.
Nonostante il Ceo di Netflix, Reed Hastings, abbia dichiarato che il più grande competitor dell’azienda è il sonno, sono molte le piattaforme streaming che si sono affacciate nel mercato dei servizi video on demand e che ora insidiano la posizione di Netflix: non solo Amazon Prime Video e Hulu, ma ora anche Apple Tv+, Disney+ (entrambi lanciati nel novembre 2019) e il recente Hbo Max di Warner Media, che ancora non è sbarcato in Italia. Guardando al mercato nostrano, si segnalano anche Now Tv di Sky, Timvision, Infinity di Mediaset e Chili. Anche la Rai sta investendo nella digitalizzazione della propria offerta attraverso il potenziamento della piattaforma RaiPlay.
Il successo delle piattaforme di streaming sta rivoluzionando le dinamiche dell’industria cinematografica globale. Nonostante gli iniziali attriti con le major hollywoodiane, alcune produzioni originali Netflix e Amazon Prime Video hanno ottenuto i più importanti riconoscimenti del cinema americano. Si pensi, ad esempio, al lungometraggio Roma di Alfonso Cuarón, che è stato prodotto da Netflix e si è aggiudicato tre Oscar nel 2019 (Miglior regia, Miglior film straniero e Miglior fotografia), o alle dieci candidature ricevute nel 2020 da The Irishman, l’ultima pellicola di Martin Scorsese, anch’essa prodotta da Netflix.
Nell’era Covid-19, Netflix è diventato un vero e proprio “household essential”, come lo ha definito l’Economist, a fronte della chiusura dei cinema e dell’interruzione degli eventi live. Nella prima metà del 2020 il colosso di Los Gatos ha registrato un boom nel numero di abbonamenti (+15,8 milioni nel primo trimestre e +10,09 milioni nel secondo) raggiungendo un totale di circa 193 milioni di iscritti nel mondo. Si tratta tuttavia di un risultato difficile da replicare in futuro, come dimostrato anche dalla revisione al ribasso delle stime sulla crescita degli abbonati nel terzo trimestre (+2,5 milioni). In generale, l’incertezza riguardo la ripresa economica post-lockdown pesa sulle prospettive di tutte le piattaforme di video on demand.
Quanto allo stop delle produzioni cinematografiche causato dalla pandemia (abbiamo parlato qui del caso italiano), Netflix prevede che la sua lista di contenuti per il 2020 non subirà cambiamenti significativi. L’uscita dei grandi titoli prevista per il prossimo anno, invece, potrebbe slittare a fine 2021. Nel frattempo, le produzioni stanno ripartendo sia in Asia che in Europa, mentre rimangono per il momento ferme negli Stati Uniti, in India e in America Latina.