L’export italiano a cavallo della crisi Covid-19. Il rapporto Ice e le prospettive dell’Italia


Articolo
Michele Masulli
Credit: Pixabay

Il rapporto ICE 2019-2020 incrocia una congiuntura storica di grande rilevanza. La pandemia da Covid-19 ha determinato un generale ridimensionamento del volume globale di scambi e ha condizionato l’andamento della quasi totalità dei settori produttivi. È noto il ruolo che l’export riveste per l’economia italiana e che il suo peso rispetto al Prodotto interno lordo è andato crescendo senza interruzioni negli ultimi 10 anni: dal 24,9% del 2010 ha toccato il 31,7% nel 2019. Pressoché un terzo del Pil italiano, in pratica, è da attribuire alle esportazioni di beni e servizi, per un valore complessivo di 585 miliardi di euro.

Si tratta di una performance legata per la maggior parte alle attività delle piccole e medie imprese che caratterizzano il tessuto produttivo del nostro Paese. Si deve proprio a loro il 50% del valore dell’export italiano, una percentuale più che doppia rispetto a Francia e Germania, dove invece si attesta al 20%. Le imprese sotto i 50 dipendenti, invece, rispondono per il 20% del valore dell’export italiano. Ancora una volta, una percentuale doppia rispetto a Francia e Germania.

Per il 2019 le esportazioni hanno contribuito molto più dei consumi e degli investimenti alla crescita del Pil. Nell’anno trascorso la vendita di beni all’estero è cresciuta del 2,3% e quella dei servizi del 4,1. Un trend che ha permesso al saldo attivo della bilancia commerciale di crescere del 35% e alla quota italiana sulle esportazioni globali di mantenersi costante e pari al 2,8%.

Brilla la performance dell’industria farmaceutica, che ha incrementato le esportazioni di quasi il 26%, diventando il sesto settore dell’export italiano. Seguono, poi, i comparti tradizionali del Made in Italy, cioè la gioielleria (+8%), alimentari e bevande (6,6%), tessile e abbigliamento (+6,2%). E’ confermata, invece, la difficoltà del settore automotive, parte di una tendenza dalle dimensioni più ampie. L’export di autoveicoli è diminuito del 5% mentre quello di mezzi trasporto del 3. Guardando alle destinazioni, il rapporto evidenzia una dinamica positiva di crescita delle vendite verso il Giappone, la Svizzera e la Croazia.

Nei primi 5 mesi del 2020, tuttavia, l’export italiano si è contratto del 16%. Particolarmente significativa è stata la riduzione delle vendite verso i partner asiatici ed europei. Quelle verso l’India si sono ridotte del 34%, verso la Cina del 22% mentre verso Spagna, Regno Unito e Francia sono diminuite rispettivamente del 22, 21,5 e 18%. Anche durante la pandemia, le esportazioni degli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici sono cresciute (+16%), così come i prodotti alimentari e le bevande (+4,3%). Gli autoveicoli, invece, hanno sofferto un calo per più di un terzo (-34,5%) e consistente è stata anche la riduzione delle vendite estere di prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli e accessori (-28%).

L’Agenzia ICE stima che saranno necessari due anni affinché l’export italiano ritorni ai livelli del 2019. Soprattutto sarà importante orientarsi verso i mercati e i settori che più dovrebbero ampliarsi. Tra i primi, si trovano alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale (al 2022 Repubblica Ceca, Romania e Polonia dovrebbero aumentare l’import per percentuali intorno al 20%), oltre alla Cina, alla Russia e alla Turchia (che dovrebbero collocarsi vicino al 17%). Va, inoltre, potenziata l’integrazione del Mezzogiorno nell’economia internazionale. Le regioni del Sud rappresentano solo il 10% dell’export italiano e le loro vendite all’estero costituiscono il 13% del Prodotto interno lordo aggregato dell’area. Una quota, come si è visto, molto ridotta rispetto alla media italiana e che richiede un impegno rafforzato da parte di imprese e istituzioni.

Ricopre attualmente il ruolo di Direttore dell’area Energia presso l’Istituto per la Competitività (I-Com), dove è stato Research Fellow a partire dal 2017. Laureato in Economia e politica economica presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, successivamente ha conseguito un master in “Export management e sviluppo di progetti internazionali” presso la Business School del Sole24Ore. Attualmente è dottorando di Economia applicata presso il Dipartimento di Economia dell'Università degli Studi di Roma Tre. Si occupa principalmente di scenari energetici e politiche di sviluppo sostenibile, oltre che di politiche industriali e internazionalizzazione di impresa.

Nessun Articolo da visualizzare

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.