Autunno 2020, quali prospettive per l’economia italiana?


Articolo
Domenico Salerno
2021

L’autunno è alle porte e la prima ondata della pandemia, con il conseguente lockdown, sembra ormai un ricordo lontano. Il mondo si sta faticosamente abituando a convivere con il virus nell’attesa di un vaccino mentre le persone sembrano destreggiarsi molto bene in questa nuova realtà fatta di smart working e mascherine. Se il punto più profondo della crisi sanitaria sembra essere passato, lo stesso non può dirsi di altri aspetti: gli effetti della pandemia sull’economia italiana sono ancora fortemente presenti.

Secondo le ultime stime diffuse dall’Istat, nel secondo trimestre di quest’anno il nostro Prodotto interno lordo (espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015) è diminuito del 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,3 rispetto allo stesso periodo del 2019. La flessione del Pil registrata a seguito della pandemia è notevolmente superiore a quella verificatasi durante la crisi economica del 2009, in cui il calo si era fermato al -5,2%. Secondo l’Istat, per trovare un valore trimestrale così negativo bisogna tornare indietro di 25 anni. Nello specifico al 1995.

Le misure che il governo ha necessariamente dovuto attuare per arginare l’emergenza sanitaria continuano ad aggravare la già difficile situazione debitoria italiana. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, il rapporto tra il debito pubblico e il Pil dovrebbe balzare dal 134,8% del 2019 al 167% nel 2020. Per trovare un precedente storico di tale portata dobbiamo tornare indietro di cent’anni, al 1920, subito dopo la fine della Prima guerra mondiale.

Nonostante non possa essere considerata una consolazione, osservando i dati globali possiamo notare come l’Italia non sia l’unico Paese che la pandemia ha colpito duramente. Nel secondo trimestre del 2020 il Prodotto interno lordo di Stati Uniti e Germania ha registrato cali altrettanto notevoli: rispettivamente il -9,1 e il -9,7%. Mentre la Francia ha toccato un valore addirittura peggiore di quello italiano, il -13,8%.

L’estate, però, sembra aver portato anche qualche segnale positivo sotto il profilo economico. Osservando i dati Istat sull’occupazione possiamo notare che, dopo quattro mesi di flessioni consecutive, il numero degli occupati è tornato a salire di 85.000 unità (+0,4%). Tuttavia, per tornare ai livelli del 2019 ci vorrà ancora molto. Basti pensare che a luglio dello scorso anno risultavano occupate 556.000 persone in più rispetto al 2020.

Segnali di miglioramento sono stati registrati anche sul fronte del clima di fiducia. Ad agosto l’indice composito è passato da 100,1 a 100,8 per i consumatori e da 77,0 a 80,8 per le imprese. Nello specifico, in quest’ultimo caso il dato positivo interesserebbe tutti i settori, seppur con intensità diverse. Le prestazioni migliori sono state registrate nel comparto delle costruzioni (da 129,7 a 132,6) e in quello del commercio al dettaglio (da 86,7 a 94,0).

Sullo sfondo intanto continua a essere forte il dibattito intorno al recovery fund. Una questione che vede il governo italiano impegnato per sbloccare nei prossimi mesi un anticipo del 10% dei 209 miliardi di euro destinati al nostro Paese. Il prossimo autunno si giocherà quindi una partita fondamentale per la ripresa economica, non solo dell’Italia.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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